I Prodotti Trentini, tra il dire ed il fare.

Da Michele Dallapiccola

In un suo recente conchiuso, la Giunta provinciale ha raccomandato ai trentini di aumentare il consumo dei prodotti agroalimentari locali, a filiera corta, km zero, provinciali, di territorio, di valle, di vicinato. Ho apprezzato questa considerazione come ho trovato positivo che si sia rimarcato che non è possibile obbligare nessuno a fare questa cosa. 

Tuttavia mi ha stupito che dopo un anno di lavoro tutto quello che sia riuscita a partorire questa giunta sia stata una semplice e finanche banale raccomandazione ad utilizzare prodotti trentini. Anche se si tratta di parole assolutamente condivisibili vorrei spiegare alcune mie perplessità al riguardo anche a rischio di apparire eccessivamente severo. 

A ben vedere, le proposte attuative per ora solo ventilate, hanno infatti il sapore di un semplice copia incolla mutuato da precedenti provvedimenti. Già ora – e da anni – tutte le manifestazioni gestite dalle pro loco attraverso un meccanismo a punti ricevono i contributi in funzione degli utilizzi dei prodotti locali e già con una legge del 2009 – partita da un ddl del sottoscritto – si era prevista la prevalenza di l’utilizzo dei prodotti locali nella ristorazione collettiva trentina. E il tavolo di ascolto con i privati?  lo hanno liso i gomiti appoggiati dei nostri operatori del turismo da tanto si sono fermati negli anni a parlare di questioni che oggi dunque sono diventate arcinote. Ripeteranno  che si tratta di un atteggiamento culturale, che deve essere sposato dalla collettività e non solo dalle imprese e che non è legalmente possibile impegnare un privato – io dico giustamente – in azioni di questo tipo. Da sempre, tra l’altro, gli albergatori denunciano che non esiste un sistema di distribuzione dei prodotti locali articolato e strutturato off e men che meno on-line Chi è propenso a questa filosofia si trova dunque a dovere investire moltissimo tempo per riuscire ad acquisire prodotto Trentino per il proprio locale.

Sopra tutto questo infine si staglia la madre di tutti i problemi, la scarsa disponibilità di prodotto locale: la carne che produce il Trentino, è consumata dai trentini nell’arco di poche settimane. La giunta inoltre, insiste che si debba puntare sui prodotti di malga: ottimo! Ottima immagine peccato che latte prodotto in malga corrisponda alla quantità di latte che lavora latte Trento i primi due giorni dell’anno, per non parlare di ortaggi o di altro. Secondo me insomma comprare e consumare trentino deve corrispondere ad un life style sereno e non autarchico, appartenente ad una provincia che per cultura vuole e sa aprirsi al mondo, per il commercio delle sue mele e del suo vino ma soprattutto per i suoi ospiti e dunque per il suo sistema turistico. Ecco perché è un errore aver appoggiato la competenza del marchio e della sua promozione esclusivamente al sistema agricolo. Il sistema che esiste è uno solo ed è il Trentino non solo delle mele della val di Non o dei crauti della val di Gresta ma anche di porfido, legno, ambiente artigianato solo per citare degli esempi; tutto può sapere di locale specie se varca i nostri confini portando con se tutti gli altri prodotti trentini lontano in sinergia ed apertura ai mercati globali.

In sintesi sono questi i motivi per i quali può esser bene affidarsi agli slogan ma solo se si superano banalità di affermazioni di principio assolutamente genericiste e condivisibili da chiunque senza un minimo di contestualizzazione tecnico logistica come quelle che si sono sentite dalla giunta in questi giorni. 

I nostri imprenditori hanno bisogno di azioni concrete, gli slogan ed i meme lasciamoli ai social.