MERCATINI DI NATALE: c’è ancora spazio anche per un loro futuro fatto di presenze e di soddisfazione anche economica?

Da Michele Dallapiccola

Si avvicina la fine dell’anno e con essa il tempo dei bilanci anche per i mercatini di Natale.

Ad ogni stagione turistica il Trentino dell’accoglienza ha, da sempre, cercato di attribuire alla stessa una propria connotazione. Per anni così,lo  sci d’inverno e la montagna d’estate sono stati più che sufficienti a garantire importanti soddisfazioni economiche alle nostre imprese turistiche e alla società trentina che attraverso il meccanismo dell’Autonomia beneficiava per prima del  ritorno dei nove decimi delle tasse che questo importante comparto economico paga (Ogni tanto è bene ricordarlo).

Poi, la concorrenza internazionale ha cominciato a far venire meno questi mantra associati alla parola Trentino e dunque una reazione importante del sistema della promozione e delle imprese è stata quella riprodurre sempre nuovi prodotti fino a riempire di contenuti le due nuove ulteriori stagioni turistiche che nella scorsa legislatura abbiamo deciso di aprire.

Complice il cambiamento climatico, anche la primavera e l’autunno sono diventati momenti climaticamente interessanti dove le attività, anche all’aperto, possono costituire svago ed interesse.

Il sistema digitale poi, costruito con una piattaforma in continua espansione, ci ha permesso tra l’altro di raggiungere nel mondo sempre più nuovi clienti. (Grazie a questo oggi siamo arrivati a quasi 6 milioni di persone che annualmente visitano il Trentino)

Tuttavia nella cronaca di questi giorni sui media mi ha colpito il dibattito intorno ad uno dei prodotti forti d’apertura della stagione invernale: quello della paventata stanchezza commerciale e di partecipazione dei mercatini di Natale, specie della Città.

Comprendemmo già qualche anno fa che un prodotto in grado di offrirci grandi soddisfazioni, celava un male oscuro e nascosto: quello della ripetitività e dunque del continuo bisogno di innovazione. Cercammo di analizzare punti deboli e punti forti dei vari mercatini di Natale presenti sul nostro territorio e comprendemmo che la caratterizzazione architettonica, culturale e di proposta complessiva erano la ricetta più forte per opporsi a un format che si stava e si sta diffondendo. Praticamente ormai in tutta Europa nelle più belle piazze contornate dall’architettura più tipica del vecchio continente orbitano iniziative di questo genere.

In tal senso non fai eccezione nemmeno Trento. Graziosi mercatini in una stupenda città sempre piena di colore e di contenuti culturali con al proprio servizio una politica e l’amministrazione ben organizzate e completamente a disposizione di questa apparente macchina da guerra.

Ma allora perché preoccuparsi? Proprio per i motivi di cui sopra, a ben vedere, non tutti i mercatini possono ritenersi fortunati come quelli così caratteristici di Rango o di Canale con i loro borghi che li ospitano tra i più belli d’Italia. E che dire di Levico con il suo parco asburgico che ad ogni piè sospinto ti fa rivivere le emozioni della bella epoca della principessa Sissi.

Purtroppo però ci sono anche i fondovalle con le loro città che per quanto belle, per quanto trentine, risultano replicate proprio in quell’aspetto mitteleuropeo che pregna di calore anche molti altri mercatini.

Questo interrogativo se lo posero qualche tempo fa pure gli organizzatori dei mercatini di Pergine.

Discutendo insieme su che cosa si sarebbe potuto fare comprendemmo che ogni luogo, ogni località Trentina possiede una propria caratteristica che va essere espressa con veemenza e convinzione.

Ad esempio su Pergine si affaccia un luogo incantevole, impregnato di una cultura millenaria: la val dei Mocheni. Con le sue razze ovicaprine autoctone allevate, la storia mineraria e la voglia di resistere all’omologazione culturale poteva dare al capoluogo di Valle quell’ispirazione e quell’influenza che da sempre la val dei Mocheni esercita su Pergine.

L’idea del mercatino dei Canopi c’era già, andava però rafforzata e rinnovata proprio come è stato fatto. Dunque, considero assolutamente interessante perseguire queste forme di connotazione dei nostri mercatini proprio come ha fatto Pergine attraverso il COPI con la sua sfilata di apertura, con il ricordo alle tradizioni millenarie locali e con i suoi contenuti. Ogni anno una piccola novità, sempre e comunque dentro ad un forte tema identitario. Inimitabile!

Non so se questo basterà a dare soddisfazione ai commercianti perginesi e alla zona, saranno i numeri a dire questo, ma è stato sicuramente un fortissimo tentativo di novità rispetto al quale si può provare a costruire un sistema di format strettamente legati ai territori dove questi mercatini vengono tenuti affinché il turista che li visita respiri almeno per un poco, l’atmosfera del luogo che ha frequentato.

Solo così sopravviveremo all’omologazione, di questi tempi anche politica e culturale, rispondendo proprio con un’autonomia che in quanto tale è in grado di sminuzzarsi, territorio per territorio, per poi trovare la sua unità nell’intento di una terra che vuole continuare a vivere sulle proprie montagne.