Predazzo: presentato il progetto del nuovo impianto di biodigestione

Da Michele Dallapiccola

Predazzo biodigestore_01 10.06.2016

L’incontro promosso dalla Cooperativa Biogestore e dal Comune di Predazzo, per presentare il progetto del nuovo impianto di biodigestione dei liquami provenienti dalle stalle del centro dell’alta val di Fiemme, ha effettivamente risposto agli interrogativi di chi affollava l’altra sera l’aula magna del municipio di Predazzo: il nuovo impianto, che sarà realizzato in località “al Gac” a 1031 m di quota fra l’impianto di teleriscaldamento e l’officina Croce, risolverà il problema degli odori e migliorerà la qualità dei prati? Sì, è stata la risposta degli esperti della Fondazione Mach, che hanno realizzato uno studio voluto dagli stessi allevatori. 

Lo ha espresso con chiarezza anche Franco Morandini, presidente della Cooperativa, ricordando gli sforzi, spesso vani, di trovare una soluzione con i separatori e gli ossigenatori. Alberto Bucci, coordinatore dell’iniziativa, ha illustrato come è nata l’idea e il percorso che ha portato al progetto, mentre Silvia Silvestri ha tenuto una dettagliata lezione per spiegare che gli odori saranno ridotti del 60-80%, il digestato sarà stabilizzato e igienizzato e ciò consentirà di spanderlo durante la stagione vegetativa e su tutto il territorio. 

Agli allevatori l’impianto consentirà di migliorare lo stoccaggio, una maggiore flessibilità d’impiego, la riduzione dei concimi di sintesi e la valorizzazione energetica. Gregorio Rigotti ha accennato alla creazione di un parco tematico dell’energia e allo studio di 4 percorsi didattici a scopo scolastico e turistico. Contatti ci sono stati anche con Panchià e Tesero, ma per ora l’impianto sarà limitato a quasi tutti gli allevatori di Predazzo. Il geometra Francesco Delugan ha illustrato i dettagli del progetto mentre l’assessore provinciale Dallapiccola ha sintetizzato in una frase l’unico obiettivo dell’impianto: “migliorare la convivenza fra zootecnia e abitanti della valle”. 

Ha confermato il contributo della PAT di 300.000 euro su un conto di circa 1,2 milioni. Si tratta del secondo impianto trentino di questo genere, dopo quello di Villa Agnedo. Particolarmente interessante l’analisi di Francesco Gubert, “l’uomo dei prati”, come si è definito, che ha illustrato la situazione di Predazzo, che conta su circa 400etari di prato permanente con 14 aziende e 950 capi bovini. Lo studioso ha stimato in 300 mila euro il “valore aggiunto” dei prati, quello cioè ambientale e sociale che ha profonde ricadute sul territorio, di cui i prati sono appunto “un termometro”. Il suo studio ha rilevato l’esistenza di un problema, noto e visibile a tutti, di qualità dei prati del fondovalle, mentre nelle zone ripide sono molto più ricchi di specie. A metà strada sta invece un’altra tipologia di prati come quelli di Bellamonte. 

“Il prato non mente”, ha aggiunto, lodando gli allevatori per aver commissionato uno studio “per farsi dire ciò che non va”. Il problema fondamentale è l’imbuto che si crea fra quantità di liquami e zone di spargimento, molto ridotte. Con l’arrivo dell’inverno, gli allevatori devono spargere velocemente grandi quantità di liquami, col risultato di farlo sempre nelle stesse zone, quelle più vicine alle stalle. Con il biodigestore le cose possono cambiare, ha ricordato Gubert: si individuano le criticità, si affrontano assieme i problemi, si gestiscono collettivamente i reflui, ci si adegua alle esigenze reali e si migliora lo spandimento. Con il risultato di migliorare anche la qualità agronomica e ambientale del prato. Anche se in campagna non torneranno i gigli, ma dovranno aumentare le graminacee, soffocate ora dalle piante infestanti.