In un suo recente conchiuso, la Giunta provinciale ha raccomandato ai trentini di aumentare il consumo dei prodotti agroalimentari locali, a filiera corta, km zero, provinciali, di territorio, di valle, di vicinato. Ho apprezzato questa considerazione come ho trovato positivo che si sia rimarcato che non è possibile obbligare nessuno a fare questa cosa.
Tuttavia mi ha stupito che dopo un anno di lavoro tutto quello che sia riuscita a partorire questa giunta sia stata una semplice e finanche banale raccomandazione ad utilizzare prodotti trentini. Anche se si tratta di parole assolutamente condivisibili vorrei spiegare alcune mie perplessità al riguardo anche a rischio di apparire eccessivamente severo.
A ben vedere, le proposte attuative per ora solo ventilate, hanno infatti il sapore di un semplice copia incolla mutuato da precedenti provvedimenti. Già ora – e da anni – tutte le manifestazioni gestite dalle pro loco attraverso un meccanismo a punti ricevono i contributi in funzione degli utilizzi dei prodotti locali e già con una legge del 2009 – partita da un ddl del sottoscritto – si era prevista la prevalenza di l’utilizzo dei prodotti locali nella ristorazione collettiva trentina. E il tavolo di ascolto con i privati? lo hanno liso i gomiti appoggiati dei nostri operatori del turismo da tanto si sono fermati negli anni a parlare di questioni che oggi dunque sono diventate arcinote. Ripeteranno che si tratta di un atteggiamento culturale, che deve essere sposato dalla collettività e non solo dalle imprese e che non è legalmente possibile impegnare un privato – io dico giustamente – in azioni di questo tipo. Da sempre, tra l’altro, gli albergatori denunciano che non esiste un sistema di distribuzione dei prodotti locali articolato e strutturato off e men che meno on-line Chi è propenso a questa filosofia si trova dunque a dovere investire moltissimo tempo per riuscire ad acquisire prodotto Trentino per il proprio locale.
Sopra tutto questo infine si staglia la madre di tutti i problemi, la scarsa disponibilità di prodotto locale: la carne che produce il Trentino, è consumata dai trentini nell’arco di poche settimane. La giunta inoltre, insiste che si debba puntare sui prodotti di malga: ottimo! Ottima immagine peccato che latte prodotto in malga corrisponda alla quantità di latte che lavora latte Trento i primi due giorni dell’anno, per non parlare di ortaggi o di altro. Secondo me insomma comprare e consumare trentino deve corrispondere ad un life style sereno e non autarchico, appartenente ad una provincia che per cultura vuole e sa aprirsi al mondo, per il commercio delle sue mele e del suo vino ma soprattutto per i suoi ospiti e dunque per il suo sistema turistico. Ecco perché è un errore aver appoggiato la competenza del marchio e della sua promozione esclusivamente al sistema agricolo. Il sistema che esiste è uno solo ed è il Trentino non solo delle mele della val di Non o dei crauti della val di Gresta ma anche di porfido, legno, ambiente artigianato solo per citare degli esempi; tutto può sapere di locale specie se varca i nostri confini portando con se tutti gli altri prodotti trentini lontano in sinergia ed apertura ai mercati globali.
In sintesi sono questi i motivi per i quali può esser bene affidarsi agli slogan ma solo se si superano banalità di affermazioni di principio assolutamente genericiste e condivisibili da chiunque senza un minimo di contestualizzazione tecnico logistica come quelle che si sono sentite dalla giunta in questi giorni.
I nostri imprenditori hanno bisogno di azioni concrete, gli slogan ed i meme lasciamoli ai social.