Il rapporto annuale di APOT ed il referendum sul biodistretto hanno portato alla ribalta della cronaca di questo periodo un argomento molto controverso che diffusamente sconta molta diffidenza, scarsa conoscenza e al contempo moltissimo appeal sul grande pubblico. Consumare bio è sexy, affascinante, fa tendenza anche perché l’opinione pubblica che percepisce come pericolosa la chimica degli agrofarmaci, tende facilmente ad imboccare un tunnel mentale confondendo il biologico con il non trattato.
Va chiarito che indipendentemente dal metodo di coltivazione biologico o meno, le nostre latitudini, a causa del clima continentale umido e sempre più caldo e dunque adatto ai parassiti, impongono l’utilizzo di grandi quantità di agrofarmaci. Nel metodo di coltivazione biologico, semplificando, si utilizza la sola chimica naturale e non di sintesi – sempre di chimica si tratta -. Per contro, una terra così attenta alla qualità ha già messo in archivio da decenni il metodo convenzionale classico, derubricato in provincia a favore di un evoluto sistema di lotta integrata, rispetto al quale il Trentino è da anni all’avanguardia in Italia e in Europa. In parole povere questo metodo, tra tutti i migliori strumenti a disposizione, si prefigge di utilizzare il meno nocivo all’ambiente e a chi lo abita e si sottopone a costanti e continue analisi residuali.
Questa apparente apologia agli agrofarmaci che pure possiedono svariate controindicazioni ed effetti indesiderati mi porta anche ad affermare il biodistretto può essere un’opportunità soprattutto se spiegato e non imposto. Va compreso e promosso specie se da parte dei suoi sostenitori non vengono demonizzati i bravi agricoltori che fanno i salti mortali per applicare invece e con coscienza il metodo di lotta integrata citato sopra.
Che biologico, sia, dunque! Per scelta e non per imposizione come la strada che scegliemmo noi nell’impostare la politica agricola dello scorso mandato. Fu il motivo a mio vedere per il quale durante il nostro mandato amministrativo le coltivazioni aumentarono, spinte dal mercato da una parte e dallo stimolo politico dall’altra. Non contrastammo i metodi convenzionali anzi ne favorimmo ricerca applicata ed evoluzione, ma nella libertà di scelta per tutti, a partire dai finanziamenti su nuove iniziative, favorimmo innanzitutto il metodo biologico notoriamente più costoso da praticarsi e dunque più bisognoso di sostentamento. Dare più punti nella graduatoria investimenti – misura 4.1.1. PSR – significava finanziarie per primo chi richiedesse di praticare il sistema biologico. Mercato in crescita, diffusione della cultura della sostenibilità e questa semplice regola, in pochi anni hanno praticamente raddoppiato le superfici del biologico.
Ora la partita è in mano a questa amministrazione che finora si è espressa comunicando troppo poco su che cosa pensi e che ci permetta di capire quale sia la direzione politica che intenderanno intraprendere nella restante parte del mandato. Per ora rimane ancora troppo poco per permettere ai nostri coltivatori biologici sia con lotta integrata di capire quale sia il vero piano di sviluppo agricolo provinciale.
E se nello scorso mandato l’assessorato svolgeva anche compito di coordinamento oggi sembra venir meno quel sistema di regia unitaria relativo all’utilizzo degli agrofarmaci e all’indirizzo sul metodo di coltivazione e alla gestione delle emergenze in campo fitopatico.
Senza ombra di dubbio sono molti gli attori che contribuiscono alla qualità di esercizio di queste competenze ma non esiste univoca convergenza dei molti centri verso un unico coordinamento. Assistenza tecnica dei consorzi, FEM, C3A, Università, Servizio agricoltura della Provincia, Servizio fitosanitario, Dipartimento che gestisca norme locali e indirizzi del Ministero, tecnici privati: una pletora di persone che richiederebbero un coordinamento politico-amministrativo severo che oggi sembra mancare. E così la comunicazione carente lascia spazio a pur lodevolissime forme di fede personale come la biodinamica o alternative piuttosto complicate da gestire come biologico o il sistema di lotta integrata, “integrato” anche da contributi di indirizzo di multipla provenienza. Talvolta bastano, talvolta si sovrappongono quando non finiscono per diventare carenti specie quando devono gestire emergenze come si sono rivelate in questi ultimi mesi la cimice e la drosophila.
Proviamoci, si può migliorare.