A COSA SERVE (ORA) LA POLITICA?

Da Michele Dallapiccola

Keynes è morto, lunga vita a Keynes! Certo, l’economista britannico profeta del sostegno pubblico all’economia troverebbe pane per i suoi denti nel prendersi a cuore il caso della condizione mondiale dei mercati e della società in uscita da questa crisi.

Ad onor del vero, attingendo alle esperienze del passato, il modello economico occidentale ha già vissuto un’esperienza analoga: la grande crisi globale del 2008, rispetto alla quale la risposta, soprattutto provinciale, aveva assunto proporzioni incommensurabili specie se  paragonate alla situazione attuale; qui il link completo: https://is.gd/fLYo6w

Era il tempo della mia prima consiliatura, il 2009 e me lo ricordo come fosse ieri. Rispetto all’anno precedente, la crisi in Italia aveva abbassato il PIL di oltre 5 punti percentuali e per quanto grave fosse sembrato allora, è ancor più spaventoso apprendere oggi che in in questa crisi il rank raddoppierà in negativo o forse più. Allora, rispondemmo con una disponibilità finanziaria che guardata con gli occhi di oggi sembra quasi inverosimile. Il confronto degli 800 milioni€ di allora è impietoso perfino rispetto ai 400 milioni€ messi a disposizione dallo stato ieri per le misure anti povertà di attivazione del buono pasto. Gli effetti della crisi, gli strumenti e le misure per contrastarla oggi non sono paragonabili ma il grafico dell’immagine sotto ci permette di ricordare come sono andate allora le cose:

Screenshot_20200331-113634_Docs-01Come si può vedere, la lettura dei dati economici riferiti agli anni successivi ha certificato che la curva del PIL non ha mostrato grossi scostamenti soprattutto in confronto all’Europa e all’Italia. Lascio a ciascuno le conclusioni che più sente proprie, certo verrebbe da dire che distribuire una cosi grande quantità di fondi non ha poi fatto andar diversamente le cose rispetto a realtà dove non è certo stato cosi!

Ma e allora, a cosa serve la politica? Titolo di un saggio divulgativo di Piero Angela di qualche anno fa, citava il “serve a ridistribuire la ricchezza” di Socrate; ebbene oggi è giunto il momento di ripensare anche a nuovi modelli per farlo. Che gli investimenti pubblici siano considerati il più importante motore dell’economia anche per il Trentino è da sempre un punto fermo, anche di fiducia verso il governo provinciale. Le condizioni finanziarie generali sono però completamente cambiate  in contrazione e questi nuovi equilibri ci imporranno di concentrarci su altre priorità.

In un suo recente incontro a Trento Massimiliano Valerii, direttore del Censis ci raccontava – a ragione – di un ascensore sociale italiano bloccato che per ripartire non potrà contare solo sulla spinta di stato e provincia.

Un primo filone di intervento sullo sviluppo potrebbe vedere negli enti pubblici una sorta di starter dell’economia. Potendo far leva solo su ciò che è loro competenza senza la capacità di movimentazione in via diretta grandi masse finanziarie, dovranno intervenire prevalentemente a livello amministrativo ad esempio con la digitalizzazione e la semplificazione burocratica. Insomma, sono le condizioni di contesto a governare efficacia e portata delle scelte pubbliche. Basti pensare che per la nostra evoluzione digitale ha fatto più il coronavirus in questi 20 giorni che la politica negli ultimi 20 anni; si lasci sviluppare questa deregulation – al netto e al riparo dai disonesti – e l’economia saprà riprendersi i suoi spazi. 

Secondo filone di intervento della politica: per provare a dare solidità a questo necessario scudo sociale, non si potrà contare solo sulla  fiscalità perchè in un periodo post crisi questa non potrà essere che a dir poco prudente. Il programma di reinvestimento pubblico dovrà necessariamente coinvolgere anche il sistema finanziario privato.

Temo che quest’ingiusta fase di riassetto, della cui durata è difficile fare previsioni, avverrà in maniera disordinata, i forti si rinforzeranno e la politica si dovrà preparare a contrastare e prevenire un divario sociale in aumento venendo in soccorso ad un sempre maggior numero di fragilità esposte. Oppure avrà perso scopo e ruolo. 

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