Dai Comuni, una mano tesa – anche – al turismo

Da Michele Dallapiccola
Anche in Trentino, gravi i danni Covid per imprese e lavoratori. Per il turismo si prefigurano difficoltà peculiari. Intanto, la politica locale procede con lentezza aumentando la burocrazia e ritardando nella messa a disposizione delle risorse. Un piccolo aiuto però potrebbe arrivare subito anche dai Comuni.

Inginocchiata da questo lockdown, l’economia trentina attende preoccupata l’autorizzazione a riprendere dal governo provinciale e nazionale. E’ altrettanto evidente che un via libera, che comunque arriverà in maniera graduale, non basta: abbiamo bisogno anche di un “recovery plan” con indirizzi puntuali per ogni settore. Dall’esperienza del mio precedente incarico, mi sento investito di promuovere un piano di azione speciale per la più grande delle nostre “factory” provinciali, quella dell’ospitalità, La situazione odierna che emerge dalle dichiarazioni delle principali associazioni di categoria fotografa una situazione dove oltre il 90% delle aziende alberghiere dichiarano di essere chiuse (il 37,5% non ha dipendenti, la maggior parte ha meno di 5 dipendenti). Per fronteggiare la crisi, la quasi totalità di queste imprese ha fatto ricorso alla Cassa Integrazione o ferie/permessi. In mancanza di risposte certe e di interventi finanziati a fondo perduto, i titolari non hanno certo chances nel chiedere ai dipendenti di ridursi lo stipendio o di rinunciarvi proprio e dunque dai dati ipotizzati emerge che in questo stato di cose, oltre il 60% potrebbe non essere in grado di pagare Inps, Iva ed Equitalia trovandosi con la beffa di un Durc irregolare. Da sondaggi informali di settore inoltre la stampa specializzata riporta che le aziende intervistate hanno intenzione di inserire in azienda risorse economiche personali ma non cercheranno di ricorrere a nuovi prestiti con banche o finanziarie. Per il 25% è a rischio il pagamento di affitti, fornitori e bollette. Circa il 40% indica che non riuscirà a pagare il commercialista. Si teme possano essere decine e decine le strutture alberghiere trentine che potrebbero chiudere definitivamente nel 2020.

  • Dobbiamo prepararci ad autunno caldo; mancando i giorni lavorativi, molte famiglie non arriveranno nemmeno alla disoccupazione e a settembre ci troveremo di fronte a un’emergenza economico sociale senza precedenti. Molte persone che finora hanno vissuto dignitosamente potrebbero trovarsi vittime di uno stato di indigenza al quale, finora, non erano abituate. E da qui ci sono anche ricadute psicologiche e morali su tutti noi.

Intanto, a fronte di uno scenario economico di aiuti e regole provinciali dai tratti ancora incerti per non dire completamente oscuri, si cominciano a delineare delle ipotesi di gestione degli ospiti, durante questa fase di crisi, piuttosto inquietanti. Pare, verrà permesso di soggiornare nella stessa stanza solo a familiari quindi, per un gruppo di amici che ha prenotato 10 doppie, serviranno 20 singole, idem per ristoranti con gestione tavoli, gettando la remuneratività delle strutture a minimi inaccettabili. Dal punto di vista dell’impiego, con ogni probabilità, la quasi totalità degli albergatori trentini farà ricorso a contratti a chiamata con conseguente aggravamento della precarietà lavorativa. Questo ulteriore livello di disagio sociale potrebbe esprimersi qui e così, in riproduzione di ciò che accadrà anche a livello nazionale. In autunno infatti le centinaia di migliaia di stagionali del turismo  potrebbero trovarsi senza reddito e senza aver maturato i giorni per avere la disoccupazione.

  • In questo quadro assolutamente preoccupante si avverte dunque la necessità di inoltrare uno stimolo alla maggioranza provinciale affinché i tempi delle decisioni siano i più brevi possibile e portino a un piano costruito su poche cose ma molto puntuali, concrete, realistiche, con il timing giusto e con la lucidità necessaria per intervenire nei punti (e nei modi) appropriati, a mente aperta e con cognizione di causa. Niente vestiti per tutte le stagioni, niente ritorni al già detto, ma comprensione della situazione inedita e focus sul che fare qui e ora. 

Il metodo del confronto e del rapporto col territorio è molto lodevole solo quando ci sia tutto il tempo utile e necessario per effettuare modifiche normative nei termini più “ecumenici” possibili. Purtroppo il mercato in questo momento non ha tempo di aspettare i passaggi della condivisione e probabilmente è più incline ad accettare norme imperfette, da migliorare in corso d’opera piuttosto che provvedimenti completi che scontano il male del prendersi il tempo di regolamentare ogni fattispecie. I 13 tavoli del turismo ne sono un chiaro esempio. L’assessorato abdica dalla propria responsabilità decisoria, coinvolge con l’effetto di allungare i tempi, deresponsabilizzandosi dall’incombenza di proposte e provvedimenti che dovrebbero produrre il suo intelletto, la sua cultura ed il suo staff. Ed è paradossale che proprio la lega, da sempre a gran voce nemica della burocrazia, abbia voluto dotarsi di uno strumento così complicato per assumere delle decisioni che hanno carattere di urgenza. Come se non bastasse, il continuo sguardo a sud ha impedito di imitare l’esempio altoatesino che in brevissimo tempo ha invece predisposto un sistema di risorse comunque articolato anche senza bisogno di 13 tavoli recuperando piuttosto 300 milioni di euro attraverso debito e variazioni di bilancio.

Nell’attesa, ci auguriamo ormai agli sgoccioli, che la giunta Provinciale elabori un provvedimento simile anche per la provincia di Trento abbiamo voluto depositare un’interrogazione ad adiuvandum e nella convinzione che un forte aiuto potrebbe arrivare proprio dalla riduzione dei tributi pubblici prima tra tutte l’IMIS che anche tutte le strutture turistiche sono tenute a versare. Un nuovo accordo di Finanza locale rielaborato potrebbe permettere ai Comuni di rimodulare i versamenti offrendo alle imprese l’opportunità di ripristinare quella liquidità minima ma fondamentale per poter lenire i danni di una stagione estiva che si presenta alquanto tragica.