La gestione politica dell’aggravamento della seconda ondata

Da Michele Dallapiccola

Due presidenti, Trento e Bolzano, due conferenze stampa, due approcci diversi alla gestione della tegola amministrativa per le nostre teste che è il nuovo DPCM di Conte. 

C’è da capirli. Risulta davvero difficile districarsi tra mille dubbi ed altrettante opinioni per capire chi abbia davvero ragione sul come gestire la tragedia planetaria del Covid. Penso non sia facile ascoltare, da un lato il mondo medico scientifico e dall’altra la società e l’economia. In questo tempo figlio del web, preda della “sondocrazia” prendere decisioni è davvero difficile. Tutti sembrano arrabbiati con chi governa: come dar loro torto? Per i ragazzi e gli insegnanti a scuola, la didattica a distanza è uno schifo! E che dire delle persone anziane, che pur a loro protezione per carità, son tenute recluse lontano dall’affetto dei propri cari, nelle case di riposo?

Nelle immagini sotto, l’esempio nazionale

Eppure c’è un dato di fatto. 

Le esigenze di tutte queste persone, lasciate libere dai vincoli verso terzi, si sono dimostrate in grado di determinare una fitta rete di conflitti, proprio sul fronte dei contagi.

Chi lavora in sanità ce lo racconta. Chi ha visto gli ammalati, gli intubati, i morti, ha una visione molto cruda della realtà.

“Se non moriremo di Covid, moriranno le nostre aziende!”, gridano le nostre imprese.

E la politica chi deve ascoltare, allora? Quanto è giusto garantire preminentemente le esigenze sociali ed economiche rispetto a quelle sanitarie? Viviamo in un’epoca dove tutto è cifrabile, commensurabile. Lo sono i danni alle aziende, lo sono, purtroppo i costi sanitari e della vita umana. Siamo in grado di calcolare quanto costa curarci da Covid e quanto vale in euro una vita persa. E politica ed economia calcolano e confrontano le decisioni da prendere secondo il minor danno. Di qui arriverà la soluzione. Facile? Più a dirsi che a farsi, specie se il calcolo riguarda qualcuno vicino a noi, quando non noi stessi. Io però ho fiducia. Nel senso di responsabilità delle persone e nella scienza, nella classe medica e anche in quella parte politica che amministra prendendosi le proprie responsabilità. Diversa dalla politica che si distingue per il lungo tergiversare. Il vero male, il non decidere, il non sapere.

Che fare, allora?

Dunque piaccia o no, a mio vedere va apprezzato chi si assume responsabilità subito ed in maniera chiara e, per quanto antipatica, comunque comprensibile. 

Ricordiamoci che i nostri comportamenti di oggi influiranno sul contagio a partire dai prossimi 15 giorni. Scriveranno scenari che solo le più sofisticate tecniche statistiche ed epidemiologiche, sono in grado di prevedere. 

Obbediamo per una volta a questo accorato appello, proviamo a lasciar da parte la nostra italianità e seguiamo medici e regole.

Che la visione del nostro domani, in un vita catapultata al vivere alla giornata, provi per una volta ad uscire dall’egoismo del continuare a guardarsi la punta delle scarpe. 

A livello provinciale chi governa, faccia tesoro di Recovery fund e risparmi sulle devoluzioni erariali e ne faccia valore per irrobustire il sistema di aiuti statali per l’economia in crisi. Apri qui, sono già uscite le prime misure. Non morirà nessuno se una circonvallazione pur attesa da 30 anni ritarderà di altri 3. Si spostino le promesse tipiche di una campagna elettorale permanente e si aiutino le imprese.

Che cosa ci aspetta nei prossimi mesi?

Il tempo che ci separa dalle soluzione di questa crisi sarà tanto più sopportabile quanto più in modo equilibrato saremo capaci di viverlo noi. Alla politica si deve chiedere, e la politica deve rispondere. A noi tutti il conseguente compito di accettare, di accontentarci.

Non manca molto, e anche se alcuni mesi, in queste condizioni possono sembrare una vita, ma ormai ci siamo. La stampa internazionale dà il vaccino ormai sempre per più vicino. Entro fine anno, si dice. Distribuzione, sviluppo di immunità prima su persone sensibili, e poi di gregge, sconfiggeranno il virus. Con qualche mese di sconto, perchè a fermarlo in tempo ci penserà la bella stagione. 

Son lunghi sei mesi di limitazioni di lavoro specie se mal sostenuto da aiuti e sovvenzioni. E sono dure le mie parole ma non c’è altra strada.

Il virus, delle opinioni degli uomini, sa di poterselo permettere e dunque, se ne frega.