QUALE, LA VISIONE DELLA POLITICA, PER LA ZOOTECNIA DEL 2030? (parte II)

Da Michele Dallapiccola

Da qualche anno, politica, accademia, ed appassionati ed esperti a vario titolo, si stanno interrogando se per la zootecnia trentina siano possibili radicali cambi di rotta. O quantomeno strade alternative parallele.

Probabilmente è tardi. Operare in maniera radicale non è più possibile. Insistere, almeno come a parole sta facendo l’attuale governo provinciale, porta alla certezza di risultati frustranti. Di sicuro per la politica.

Durante il precedente mandato, consapevoli di questo stato di cose, nelle regole della PAC (che è ancora in corso), avevamo cercato di cambiare poco. Avevamo intuito la necessita di salvaguardare l’esistente, lasciando il più invariato possibile il sostegno alle aziende, indipendentemente dalla loro dimensione.

Come elemento di novità, avevamo aumentato gli incentivi alle aziende medio-piccole. Ovviamente in proporzione al numero dei capi.

Perché questa doppia attenzione? Perché ogni singola azienda zootecnica, grande o piccola che sia è custode in quota parte dei nostri prati e dunque dell’aspetto del nostro Trentino.

L’allevamento bovino in montagna. Qualcosa che va oltre la semplice produzione del latte.

E’ legato a questo, il paesaggio trentino. Quello che offriamo a 6 milioni di turisti all’anno (Covid permettendo). E’ in mano a pochissime famiglie pure in diminuzione.

Le aziende zootecniche full time gestite da professionisti, ormai sono rimaste alcune centinaia. E su queste circa 800 aziende l’età media, obiettivamente, è molto elevata.

Quante ne rimarranno tra 10 anni?

A chi lavora con le vacche, che prospettive diamo? A sud del Trentino i modelli sono a dir poco terrificanti. Pensate ad esempio, che in Lombardia si sta pensando a un impianto di polverizzazione del latte come elemento strategico per salvaguardare il latte di pianura. Del resto si tratta di un prodotto ormai relegato a “commodities” (facilmente sostituibile con un’altor simile) in competizione con un’Europa sempre più ampia e sempre più competitiva.(sigh!)

Alcune idee per la zootecnia di domani

Proviamo a pensare alle stalle trentine tra 10 o 20 anni, a logiche di mercato più ampie. Ad esempio, per la zootecnia, sarà ancora un traino importante come è ad esempio il Trentingrana? (per quanto blasonato e con numero di forme producibili contingentato) La domanda è retorica. Piuttosto:

  • Andrebbero implementati i sostegni all’aumento di tecnologia e l’innovazione, specie per i caseifici sociali. Serve ricerca di prodotti nuovi e valorizzazione attraverso opportune azioni di marketing di quelli più maturi: i prodotti della tradizione.
  • Andrebbero sostenute maggiormente le attività di diversificazione come non siamo riusciti a fare in maniera completa durante questa programmazione. Vendita diretta o Agriturismo. Nei numeri, negli ultimi dieci anni in Trentino, è raddoppiato. Bene. Ha raggiunto ottimi risultati superando quota 500. Bene. In Alto Adige ormai sono prossimi alla  quota 4000! Tanto per dire.
  • Coraggio, direi, prendendo atto che allo stato dell’arte della zootecnia trentina e alle aziende che già esistono, grandi o piccole quali esse siano, non va torto un capello! Stanno tenendo in piedi il Trentino aggrappate con le unghie al proprio futuro. Piuttosto, si deve lavorare di qui in poi, organizzando nuove modalità di finanziamento dell’insediamento di aziende innovative che procedano in parallelo seguendo anche modelli diversi.
  • Perseguire la tecnologia, l’innovazione anche nella bovinicoltura. Effettivamente, profili metabolici, tori genomici, seme sessato, stabulazione libera, unifeed, analisi dei foraggi e podologica, robot di mungitura fanno miracoli. Pannelli fotovoltaici e biogas per diversificare e rendere le aziende più sostenibili, possono essere un gran passo. Ma non basta. 
  • Assistenza economico finanziaria, consulenza giuridica, sostegno anche commerciale. I patronati, i Sindacati agricoli, gli uffici periferici della PAT fanno un ottimo lavoro ma ci sono ancora stalle che fanno fatica ad andare avanti o peggio falliscono. Non è ammissibile!
  • Permettere anche ad un’azienda di piccole dimensioni di avere del personale dipendente a disposizione sarebbe il vero salto in avanti. Insostenibile dal punto di vista finanziario proprio della stalla, andrebbe invece sostenuto con una specifica autorizzazione. Nel regolamento di attuazione della nuova PAC andrebbe inserito che almeno nelle zone di montagna si possano prevedere aiuti concreti per finanziare chi assume personale. Un collaboratore aziendale a costi pressoché azzerati permetterebbe ai nostri giovani allevatori di costruire modelli di vita nuovi. In questo modo, anche le piccole aziende potrebbero essere messe in grado di auto sostentarsi. Potrebbero avvicinarsi a modelli sociali e di vita più consoni all’attualità, formandosi una famiglia con del tempo a disposizione. Anche solo per potersi ammalare. E guarire come si deve.

Difficile provare anche solo a immaginare cosa significhi vivere con le vacche. Affascinante. Certo, ma diverso: una vita speciale che va capita e valorizzata. Anche con aiuti e regole fatti da chi ne abbia idea e contezza. Purtroppo, in politica, questo non avviene praticamente mai.