DIVERSIFICARE PER RESISTERE.

Da Michele Dallapiccola

Puntuale, ad ogni stagione, torna impetuoso il mantra che demonizza lo sci alpino. Quest’anno si mescola alla colpa che viene attribuita a questa pratica nella diffusione della pandemia. Ed in effetti come negarlo? Il governo, assai maldestramente, cerca di limitare la diffusione dei contagi e non si fida della correttezza e del buon senso dei suoi cittadini. Sembra si rifiuti di accettare protocolli di gestione dei flussi di persone all’apparenza ragionevoli.

A ben pensare, però, come dargli torto? Guardate cosa è accaduto venerdì scorso in Svizzera o qualche settimana fa sulle piste di Breuil Cervinia. Anche gli Stati più possibilisti hanno dovuto fare marcia indietro. Austria compresa. Chi può prendersi la responsabilità di causare un possibile focolaio della gravità di quello di Ischgl a marzo?

Così, in questa confusione, a dir la sua sulla cronaca, trova facile spazio il sedicente esperto, l’opinionista, il certamente sapido di montagna. Arriva nei momenti di crisi, quando le difficoltà accendono l’attenzione pubblica. Come quello che è successo a me qualche anno fa. Un aneddoto, da vera antologia.

Uno scaltro quanto veloce imprenditore del settore outdoor, si lanciò in una proposta economica tanto affascinante dal punto di vista del marketing quanto fumosa dal punto di vista operativo ed ancor peggio economico. Solo le parti in causa avevano intuito che tutta l’operazione, certamente geniale dal punto di vista promozionale, era di fatto un “troll” costruito per bloccare lo sviluppo di una località sciistica concorrente rispetto alla valle dove i componenti della stessa società proponente, operavano. Il resto dell’opinione pubblica – inconsapevole – li aveva seguiti, come i topi di Hamelin, il pifferaio. Magico.” 

Sapete che vi dico? A me ‘sta cosa non sorprende affatto. Anche i trentini sono cosi, tutti un pò italiani, un pò commissari tecnici della nazionale di calcio, specie per le ricette. Come per una qualsiasi pietanza, tutti ne hanno pronta una, per qualsivoglia problema. Che si tratti di una pandemia che di un grave caso economico. 

Adesso ad esempio, c’è chi sostiene che se l’economia turistica invernale non fosse dipesa così tanto dallo sci alpino avremmo potuto superare la crisi economica da Covid, con molto più agio. Ma come? Funzionerebbe come durante la scorsa estate? Non è che stiamo dimenticando che sono state le condizioni climatiche ad aiutare? Che il patogeno, con l’inverno, potrebbe acquistare dimensioni tragiche al cenno di un qualsiasi nuovo minimo affollamento? Abbiamo dimenticato cos’è successo negli stabilimenti di lavorazione della carne la scorsa estate? Naturali o artificiali che siano, il freddo e l’umido, rappresentano le migliori condizioni possibili per la trasmissibilità dei virus respiratori. 

L’idea sulla carta non è detto funzioni nella realtà: domanda e offerta vanno di pari passo

Non c’è sviluppo se non c’è necessità che questo avvenga. E in economia, sono convinto tutto funzioni come nella filogenesi per gli organi di una specie. Sono l’offerta e la domanda a plasmare le scelte degli imprenditori. Tecnici e politici (e in Trentino, l’Autonomia) possono solo accompagnare questi processi. Legittimo oltre che auspicabile quando accade, patologico o peggio deviante, quando imposto, specie se a scopo elettorale. 

Che cosa risolverebbero oggi ettari di boschi pieni di tracce per ciaspole o sterminate coste montuose dedicate allo sci alpinismo? Percorsi per sci da fondo infiniti, ancor più ampi di quelli che già ci sono? Benché tutto sia fermo a causa delle restrizione sanitarie, anche fossimo attrezzati con una robustissima offerta in tal senso, anche se convertissimo per incanto le grandi masse dello sci, alle ciaspole o all’alpinismo invernale, il tutto, sarebbe ingestibile. 

Addentrarsi in un bosco che praticamente nessun turista conosce, disorienta, specie d’inverno. Ci si può perdere facilmente e le condizioni meteo cambiano repentinamente: d’inverno l’assideramento, è questione di ore o minuti. Per non parlare dello sci alpinismo. Preparazione atletica, costo dell’attrezzatura frenerebbero parecchio (per fortuna) ma ai pericoli dell’apparentemente innocua ciaspolada si aggiungerebbero gli altri tipici della montagna di sempre!

Dunque?

Quali possono essere proposte realistiche di intrattengono invernale alternativo allo sci?

Premetto che in tal senso c’è già molto. Lo testimoniano le mille offerte presenti sui cataloghi di APT e strutture private. Ma che fare più di cosi?

Implementare ulteriormente per intrattenere chi non scia in montagna è tutt’altro che facile. E può essere anche molto, molto costoso.

Pensiamo solo all’annoso problema della mobilità alternativa e sostenibile. Chi arriva vorrebbe farlo velocemente per poi lasciare la macchina in garage. Via, allora, a progetti milionari di strade e varianti in ogni valle e in ogni dove (sostenibili?). Autobus (a idrogeno?), metrò di superfice e chi più ne ha più ne metta. Messe così le cose, ben si comprende che questo tipo di sviluppo va sognato e pensato ma non è una soluzione. Almeno per questa nostra generazione.

Invece, vi sono sogni, sempre molto grandi, ma un più alla portata del nostro tempo. Più volte in passato, abbiamo provato a stimolare il sistema turismo ad implementare l’intrattenimento attraverso il mondo dell’acqua e del wellness. Specie nel periodo invernale, nei luoghi vocati allo sci, come opzione di intrattenimento per chi non scia. Timidamente, forse fin troppo, come hanno fatto finora, Andalo, Canazei e Pozza di Fassa. Eppure ci sarebbero ottime opportunità che Trentino Sviluppo potrebbe accompagnare. Soprattutto se consideriamo i costi di attuazione e mantenimento di queste attività.

Potrebbe rappresentare l’occasione anche per riconvertire strutture desuete recuperando patrimonio esistente. 

Prendiamo una località come Madonna di Campiglio, ad esempio. Ha una struttura per la congressistica che è sottoutilizzata e potrebbe venir destinata all’uopo. Alla località, non mancherebbero certo i potenziali clienti.

Ancora, possiamo partire dalla specializzazione delle strutture recettive esistenti e dalla località per diversificare l’offerta!

Risolta questa pandemia, non dobbiamo ignorare che in futuro si presenteranno nuove avversità. Il cambiamento climatico, ad esempio. Certo, arriverà meno impetuoso e repentino, rispetto al Covid ma non meno drammatico.

Il Trentino rimarrà attrattivo quanto più saprà reinventarsi nel segno della sostenibilità e reversibilità. Mano a mano che le condizioni cambieranno, saranno gli stessi imprenditori a reagire per primi e a virare su altri fronti. Ne sono certo perchè che già ora, molte strutture offrono modelli di turismo dedicati a chi vuole vivere la montagna in maniera genuina. Mettono a disposizione assistenza, formazione estemporanea ed attrezzatura idonea a poterla vivere con sicurezza e soddisfazione interiore. Accompagnano gli ospiti alla scoperta vera della località, ad un turismo sempre più “tailor made”, sempre più esperienziale.

La nostra proposta di costruire una RETE PROVINCIALE PER L’ACCOGLIENZA AGROALIMENTARE va proprio in questa direzione.

E la Provincia cosa può fare?

Probabilmente intanto, vanno coltivate e tenute aperte tutte le strade.

Non fosse per le attualmente gravi ristrettezze economiche, ad esempio, in quest’ottica non considererei una bestemmia nemmeno l’impianto di Bolbeno. Il microclima, la collocazione geografica ne fanno un’ottima palestra. Per lo sci. Che differenza fa spendere per tenere aperta questa, rispetto alla piscina di via Fogazzaro a Trento, ad esempio? In termini di rapporto costo/beneficio? Stride se invece come sembra, la progettualità turistica per rilanciare la zona si fermi li. Se oltre a quello e all’incorporamento dentro ad una grande APT, non ci sia altro. 

Ripensare agli investimento in campo funiviario invece è un male necessario.

Ripensare agli investimenti in campo zootecnico, agricolo e ambientale, ancor più integrato col sistema turistico, un bene assoluto.

L’attuale governo provinciale

Lo abbiamo tanto criticato (è il nostro compito), abbiamo fatto tante proposte (è nostro dovere). Le trovate qui, e sulle pagine WEB del Consiglio Provinciale. Ora come in passato.

Dai banchi della lega e relativi cespugli siamo stati invitati a farci da parte. “Ne avete fatti abbastanza di danni al turismo – hanno gridato – ora è il nostro turno!” Peccato che nessuno di loro sia ancora riuscito a manifestare visione propria (magari con un occhio di riguardo all’ambiente) se non quella di assecondare acriticamente le varie richieste provenienti dai territori. Si limitano a esibire esperienza di campo (a quanto pare sviluppata ad osservare chi lavora nel mondo degli impianti e in albergo).

In questo contesto l’approccio da praticoni, è inutile, mi sembra abbastanza evidente. Mentre le imprese, nel loro insieme hanno già incominciato a guardare  lontano, la politica dovrà reagire. Sarà tanto più utile al sistema quanto saprà accompagnare anziché stringere alleanze tribali con l’una o l’altra cordate; quanto saprà ragionare insieme alla società anziché propugnare ideologia, spesso troppo estrema, troppo pro o troppo contro.

La Provincia, “vezzeggiativamente” chiamata dai Trentini – non a caso – MAMMA PROVINCIA, saprà assumere il ruolo di genitore saggio?

Attualmente – ci avrete sicuramente fatto caso – non sta dicendo no a nessuno, pur col portafoglio vuoto. Siamo dentro al paradosso ideologico-politico di una destra che dopo aver inveito anni contro l’eccessivo numero di dipendenti pubblici, oggi (a chiacchere per ora) assume chiunque. Autisti, infermieri, personale docente, adesso anche tutti i collaboratori del Muse, basta chiedere. E sì, lo so che questo non c’entra col turismo ma c’entra con la metafora pedagogica con la quale abbiamo concluso questo pensiero.

Insomma, sappiamo tutti cosa succede a quei figli, ai quali i genitori non hanno mai saputo dire no, magari indebitandosi per farlo, vero?