2021: AGRICOLTURA BIOLOGICA OPPURE 4.0?

Da Michele Dallapiccola

CAPITOLO PRIMO.

CIBO BIOLOGICO: LA POLITICA ALL’ASSALTO DEL SETTORE?

COSA NE PENSA IL MERCATO?

Se gli interventi normativi statali sono ancora ai blocchi di partenza, a dar man forte al comparto ci pensa il mercato. L’anno appena trascorso ha premiato le produzioni biologiche con un aumento delle vendite di prodotti. Pur rappresentando una fetta di mercato ancora a singola cifra, nella grande distribuzione (+19.6%) con picchi nei discount (+23.7%) e nei piccoli supermercati di quartiere (+26.2%) si sono registrate ottime performance nonostante ci trovassimo in piena diffusione del contagio da Coronavirus (Fonte: ricerca Nielsen Connect e Assobio).

COME SI MUOVE LA POLITICA?

La nuova Legge sul biologico, al livello nazionale è ferma al Senato da oltre due anni. A livello trentino, la politica locale sta provando a raccogliere l’occasione di visibilità. In tempi recenti ha spinto sulla discussione di un disegno di legge in salsa trentina. In pieno stile leghista, si è partiti a suon di annunci ed articoli sui media, prima ancora sia dato sapere di contenuti e di una eventuale ma ben più importante dotazione finanziaria. 

Che il vil denaro sia il miglior metodo per dimostrare il proprio affetto politico ad un settore, lo ha perfettamente intuito invece la ministra Bellanova. Poco prima di lasciare il suo dicastero è riuscita a stanziare 4,2, i milioni€ finalizzati alla ricerca. 

E ci cascò anche l’ex Ministro Martina che in fase finale di mandato lanciò comunque la “sua” campagna “zero pesticidi”. Quando a ridosso delle elezioni i sondaggi buttano male e non si sa più come attrarre voti, si può anche fare promesse insostenibili. Come fu quella. Ogni perito agrario sa perfettamente che senza “pesticidi” l’agricoltura “va a remengo”. E comunque, a proposito di “Martina e i suoi pesticidi” anche lui nel febbraio 2018 firmò un decreto che rendeva obbligatoria la lotta all’insetto vettore della Xylella degli ulivi, il batterio che in Puglia sta facendo seccare milioni di piante: è incurabile (gli antibiotici in agricoltura sono proibiti). L’unico modo per arginarla è uccidere la cosiddetta “Sputacchina”, l’insetto che la porta da un albero all’altro.

Questo certifica che Martina sapeva perfettamente come stavano le cose e in quel caso agì razionalmente di conseguenza, anche se con il suo decreto sollevò una questione non da poco nel mondo bio, storicamente povero di insetticidi.

E IN PROVINCIA DI TRENTO?

Nel Trentino leghista di oggi, c’è da augurarsi che la sortita della giunta provinciale di costruire un disegno di legge sul biologico ad hoc non sia partita con l’approccio di una ricerca di facili consensi. Anche nel tentativo di recuperare una loro credibilità politica che questo periodo di crisi pandemica ha pesantemente inficiato.

La narrazione politica leghista sa benissimo che infilando gli stilemi della prosopopea, si può risultare molto interessanti e catturare l’attenzione parlando di pesticidi. Ovviamente facendo riferimento solo a quelli di sintesi finendo per mettere in forte difficoltà chi li usa con scrupolo e coscienza: la quasi totalità dei contadini trentini. 

CAPITOLO SECONDO

FITOFARMACI O PESTICI

UNO, EUFEMISMO DELL’ALTRO, O SINONIMI DA ACCETTARE? IN OGNI CASO, INFORMARSI E’ MOLTO IMPORTANTE.

Al di là della giusta discussione intorno alle conseguenze di utilizzo dei fitofarmaci o dei pesticidi, va chiarito che i due termini indicano la stessa cosa.

Le domande però non si fermano qui. Fanno bene alla pianta e male a noi? Bene a noi (perché grazie a loro abbiamo cibo del quale sfamarci?) ma male all’ambiente? Realisticamente si potrebbero abolire? Negli anni, l’uso di questi benedetti agrofarmaci è aumentato o diminuito? Che dicono i dati? Sugli “usi sempre più massicci di pesticidi”, oppure sugli “abusi di pesticidi” si sono costruiti veri e propri movimenti politici e si versati scritti fiumi di inchiostro, specie sui media più caustici. 

COME STANNO ANDANDO DAVVERO LE COSE?

In realtà, con buona pace degli allarmisti che stanno terrorizzando da anni la popolazione, fin dal livello nazionale l’uso dei cosiddetti “pesticidi” è in forte contrazione. Lo provocò una fortissima sensibilità verso l’effettivo problema, che si sostanziò soprattutto a partire dall’inizio degli anni ‘90. In Trentino si cominciò a parlare del sistema di lotta integrata addirittura già dagli anni 70. Perfezionando il metodo via via sempre più, si è spinto sullo sviluppo di nuove tecniche e tecnologie, disciplinari di produzione, investimenti in ricerca. biologico, naturale o di sintesi. 

A fronte di questi numeri, anche a un profano dovrebbe suonare un po’ strano che le accuse ai “pesticidi” siano cresciute proprio mentre i loro stessi usi si mostravano in calo.

I dati ISTAT ci raccontano infatti che siamo scesi dalle circa 100mila tonnellate di sostanze fitosanitarie utilizzate nel 1990 a poco più di 55mila oggi. Tradotto in usi pro-capite, emerge che mediamente utilizziamo poco meno di un chilogrammo di sostanze attive, senza le quali, peraltro, sarebbe impossibile proteggere le produzioni agricole.

COME SI COMPORTA LA PROVINCIA DI TRENTO?

Oggi possiamo beneficiare di un sistema provinciale che ha ancora molti passi da fare ma che, per qualità complessiva, è uno dei migliori approcci che siano presenti sulle piazze agronomiche internazionali.

Si cerca di utilizzare il presidio che garantisca il miglior risultato costo/beneficio in termini di efficacia ambientale e residui rilevabili, su ambiente e consumatore. Così, siamo arrivati ad una revisione fin troppo severa di ciò che usavamo negli anni del boom agrochimico, ovvero i ’70 e gli ’80 quando in campagna di agrofarmaci se ne buttavano a iosa.

Oggi con venti grammi di una sulfonilurea si può diserbare un campo che prima necessitava di alcuni litri dei precedenti prodotti. Stessa cosa per insetticidi e fungicidi. E per giunta le nuove molecole sono migliori dal punto di vista tossicologico e ambientale. 

QUALI SONO I RISCHI DIRETTI CHE CORRE CIASCUNO DI NOI?

Non sono riuscito a trovare fonti scientifiche che comprovino quanti sono i grammi di sostanze esogene ingerite pro-capite oggi. Penso si possa parlare in termini di milligrammi: sono sostanze praticamente ubiquitarie.

Ma senza scomodare l’abuso di farmaci, di alcool e il fumo, pensiamo invece alle sostanze che consideriamo come “normali”: agli idrocarburi nelle grigliate estive, negli alimenti affumicati o alle sostanze chimiche ed i solventi dissolti nel microclima domestico e provenienti dalle vernici, dalle colle nel mobilio o dai prodotti per le pulizie che ci siamo portati in casa.

Ne cito anche uno simpatico (?), uno che parrebbe ancora più innocuo. Lo ha scoperto Bruce Ames, uno dei padri della tossicologia moderna. Nel caffè, ha individuato circa un migliaio di sostanze chimiche differenti, ben 17 delle quali, sono poi risultate cancerogene. In una sola tazza di caffè, dunque, ci sono almeno dieci milligrammi di molecole potenzialmente cancerogene, badate bene, “naturali”. Si sommano all’assunzione annua di tutti i possibili residui di “pesticidi” sui cibi. 

PERCHÉ NONOSTANTE TUTTO, STIAMO TUTTI ABBASTANZA BENE E L’ASPETTATIVA DI VITA STA AUMENTANDO?

Perché i livelli di sicurezza oggi sono altissimi . Ciò che resta sui frutti alla raccolta, spesso è decine o centinaia di volte al di sotto dei limiti di Legge, già di per sé cautelativi.

Senza contare poi che quando portiamo a casa l’ortofrutta, la laviamo, asciughiamo, sbucciamo e spesso degradiamo termicamente, la cuociamo, insomma.

Se il chilo di agrofarmaci pro-capite (dato istat, ripeto!)  usato nei campi è tanto o poco, lo si paragoni ai litri di prodotti per l’igiene domestica o per la cura della persona. Vengono riversati dai cittadini nelle acque. Reflui industriali contenenti metalli pesanti e idrocarburi, scarichi inquinanti delle nostre automobili e dei nostri riscaldamenti, farmaci usciti dal nostro corpo. Tutto finisce in quelle acque di cui poi si parla, spesso a sproposito, sempre e solo per inquinamento da pesticidi. E mentre parliamo, le acque, con il loro ciclo naturale, ci piovono letteralmente in testa o nel bicchiere.

STA MIGLIORANDO LA CHIMICA A NOSTRA DISPOSIZIONE?

Oggi, vi sono agrofarmaci meno tossici di gran parte dei prodotti usati in casa per lavare e igienizzare. Che invece maneggiamo con noncuranza.

Questo perché rispetto al 1990, nel volgere di pochi anni, i due terzi delle molecole impiegate è uscito dal mercato, in quanto obsoleto. Non sono più in linea i nuovi criteri autorizzativi, molto più stringenti rispetto ai precedenti.

EFSA è l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare. Fornisce pareri scientifici e informazioni sui rischi esistenti ed emergenti connessi alla catena alimentare. E’ sempre molto interessante sfogliare tra i report che pubblica on-line. Recentemente certifica che negli ultimi 30 anni sono sono sopravvissute al vaglio normativo solo un quarto delle molecole che usavamo in passato. 

Oggi l’ottantina di molecole in attesa di sostituzione, certifica che questa battaglia, non è appannaggio solo di alcuni gruppi di persone responsabili o maggiormente senzienti. Si tratta piuttosto di un problema del quale se ne sta occupando un’intera classe scientifica e sociale.

Comunità verso la quale al netto di quella politica che la cavalca, io nutro estrema fiducia.

CAPITOLO TERZO

RAME ED ALTRI PERICOLI

Verso i farmaci utilizzati agricoltura biologica, l’opinione pubblica si dimostra molto indulgente. L’aggettivo “bio” sdogana la percezione di nocività dei presidi utilizzati. A ben vedere però anche il formidabile e stimatissimo metodo di coltivazione, conserva alcuni punti d’ombra. Vediamo insieme quali.

RAME, E’ BENE SAPERNE DI PIÙ

Perchè, quando si parla del “bio”, il rame merita una menzione particolare? Perché ne costituisce un pilastro portante. Senza la possibilità di utilizzare questo metallo il “bio” non potrebbe esistere. Le patologie contro le quali oggi questo metodo fa ampio uso, sarebbero incontenibili. Sdoganato da questo utilizzo, il rame viene incredibilmente considerato pulito e innocuo. Invece è fra i “pesticidi” meno amichevoli che vi siano, vuoi per l’ambiente, vuoi per l’uomo. È un metallo pesante, praticamente eterno nell’ambiente, di fatto indegradabile. Per giunta è molto tossico per gli organismi acquatici. E per l’uomo.

Da report dell’Istituto superiore di Sanità pare che finora, l’unico agricoltore morto certificato per intossicazione accidentale durante un trattamento agricolo nella storia, sia stato proprio a causa del solfato di rame.

PRO E CONTRO.

Eppure, il rame sarebbe un microelemento utile all’organismo, vegetale o animale. Se assunto a piccolissime dosi. Fatto che lo porta ad esser erroneamente percepito come innocuo anche quando usato a chili.

Il rame viene persino venduto come fertilizzante! Con tutto il rame che usiamo come antiperonosporico, pensate ce ne sarebbe bisogno? Ma col limite normativo di utilizzo del Rame come agrofarmaco a 4 kg/anno/ettaro, rimane interessante la possibilità di poter comprare concime rameico. In quanto non obbligatoriamente rendicontabile, potrebbe “erroneamente” finire nell’atomizzatore? “Questo io non credo”

Per tutta l’agricoltura il rame rimane tuttavia un prodotto indispensabile e nonostante il suo profilo eco-tossicologico non significa che debba essere guardato come un mostro. Se usato correttamente crea ben pochi problemi.

CONSAPEVOLEZZA. LA VERA RICETTA CONTRO LE TOSSICITÀ.

Continua a sorprendere invece che siano altre le molecole, molto meno critiche del rame, ad essere oggi perseguitate da media, politica e associazionismo eco-bio quando di fatto hanno profili ambientali e tossicologici ben più leggeri. Social e  disinformazione in tal senso sono devastanti.

Invece, le intossicazioni nella quasi totalità dei casi sono provocate da usi scriteriati fatti da quegli agricoltori che operano in barba a quanto prevedono le leggi sulla sicurezza.

Così come un operaio edile deve proteggersi tramite un vestiario concepito per la sua sicurezza, stessa cosa vale per gli agricoltori quando utilizzano prodotti fitosanitari. Fortunatamente, da un lato la consapevolezza di utilizzo di questi prodotti tra gli agricoltori è pressoché totale, dall’altro, controllo sociale e amministrativo in Trentino funzionano molto bene e gli scriteriati, finiscono facilmente a tiro di sanzione.

OBIETTIVO SICUREZZA PER TUTTI.

E’ la sicurezza complessiva di filiera l’obiettivo cui tendere col massimo sforzo. Demonizzare uno strumento, come ad esempio quello degli agrofarmaci, è alquanto sciocco. Specie sfruttando l’atavica preoccupazione che questo argomento diffusamente provoca.

Purtroppo, continuano invece a morire operatori straziati dagli organi in movimento delle macchine agricole, oppure schiacciati da trattori o ancora vittime di incidenti in azienda, per cadute, soffocamenti in cisterna o urti accidentali.

Benché nessun lavoro sia libero da rischi, sul problema del maneggiamento di fitofarmaci si spendono interi trattati ma però a nessuno è mai venuto in mente di aizzare la popolazione contro trattori od organi in movimento magari con un comitato “No giunti cardanici” quando ce ne sarebbe molto più bisogno. Ad esempio, su Google io ho cercato “veterinari incidenti mortali”. 200 e rotti mila risultati! Tanto per dire.

LA PERCEZIONE CHE ALLONTANA DALLA REALTÀ.

La preoccupazione verso gli agrofarmaci è massima quando si parla di prodotti originali, inventati dall’uomo nei laboratori. Sfuma, invece sulle forme di agricoltura biologica, graziate dal fatto che scelgono solo molecole di origine naturale. Fatto per altro vero solo in parte.

Prendiamo ad esempio i feromoni utilizzati nella confusione sessuale degli insetti. Di fatto, sono analoghi di sintesi delle molecole naturali. E la scelta bio non implica affatto che le sostanze “naturali” siano meno pericolose di quelle di sintesi. Ogni molecola ha infatti un suo specifico profilo tossicologico e ambientale, come visto per il rame. Le piretrine naturali, per esempio, sono letali per gli organismi acquatici, per le api e per gli anfibi. Spinosad, estratto da dei batteri del suolo, ha anch’esso un’etichetta tutt’altro che amichevole su diversi organismi. 

NON FERMIAMOCI ALL’INTUITO.

Il medesimo discorso vale per tutti gli agro farmaci usati nel bio. Accadono cose brutte se te li bevi, li usi come shampoo o li versi nell’acquario dei pesci. Se li usi in un frutteto, diluito in acqua uno a “n” volte, seguendo le indicazioni di etichetta, no!

C’è una regola aurea ed universale che è bene non dimenticare: 

“Naturale o di sintesi che sia è sempre la dose che fa il veleno.” 

Quindi, se l’esposizione a una molecola è irrisoria, altrettanto ne sarà la conseguenza di contatto con l’organismo che l’ha incontrata. Per tali ragioni i distinguo fra “sintesi” e “naturale” sono del tutto privi di senso.

Le molecole più tossiche al mondo sono infatti di origine naturale e sono molto ma molto più letali di tante sostanze inventate dall’uomo, anche di quelle peggiori.

La cicuta, il curaro, la cocaina si ricavano dalle piante. Il botulino si forma da batteri che crescono in modo spontaneo su substrati del tutto naturali. L’alcool può derivare in maniera del tutto “spontanea” dalla fermentazione degli zuccheri della frutta. E pure tra chi ha fede integrale nel bio, ci saranno sicuramente quegli alcuni che a pieni polmoni, aspirano il prodotto della fumigazione di foglie di di tabacco essiccate e triturate.

Pensiamoci quando apprendiamo di qualcosa di naturale o ricavato dalle piante. Lo archiviamo con sereno favore al pensiero: “Male, di certo, non fa”

CAPITOLO QUARTO

FITOFARMACO-FOBIA. CI SONO ALTERANTIVE?

Chiariamo subito una cosa: a mio modesto avviso, in questo momento, la sostituzione integrale dell’utilizzo della chimica in agricoltura non è possibile, né nel convenzionale né tantomeno nel bio. Anzi, lì spesso, si deve supplire alla qualità agendo sulla quantità. Come accade nell’utilizzo del rame. Tuttavia, rimarrà dovere fondamentale dell’uomo ridurre la chimica fitosanitaria

L’EQUILIBRIO DELLA NATURA.

Gli organismi viventi, tendono sempre all’equilibrio fra loro perché lottano in un ambito naturale. E la natura, lasciata a se stessa, cerca sempre un proprio equilibrio. La chimica e la mano dell’uomo invece no: eliminano le avversità con percentuali di efficacia altissime. In un ambiente tutt’altro che naturale come un frutteto, per esempio, che è tutto tranne che naturale.

Ecco perché i parassiti si moltiplicano esponenzialmente nei campi coltivati e per controllarli bisogna usare spesso le maniere forti. Oppure vincono loro. Per questo il futuro sarà caratterizzato da impieghi di molecole sempre più selettive, integrate possibilmente da genetiche resistenti. 

UN AIUTO DALLA GENETICA.

La genetica, per esempio, è un fronte in discussione. Penso ci potrà aiutare molto a resistere a patogeni e parassiti. Anche se non dobbiamo illuderci.

Anche le resistenze individuate e già ampiamente diffuse in agricoltura, infatti, prima o poi andranno naturalmente a cadere. Ci sarà sempre un insetto o un fungo patogeno che muterà divenendo insensibile ai meccanismi di resistenza messi a punto dai genetisti. È solo questione di tempo. In tal caso la lotta ricomincerà da capo, in un eterno inseguimento fra ricerca che difende e natura che contrattacca.

Ad esempio, se una pianta di vite diviene resistente alla peronospora e all’oidio e si smette di trattare con gli agrofarmaci specifici, prima o poi finirà per essere afflitta, magari, da escoriosi o marciume nero. Due patologie che in assenza di trattamento potranno fiorire sulle viti ancorché resistente. E perchè? Perché sarà difficilissimo arrivare a costruire piante resistenti a tutto. 

ALTERNATIVE AI DISERBANTI?

Stesso discorso vale per le malerbe. Prendiamo queste ad esempio. I diserbi meccanici non sono la panacea alternativa eco-sostenibile: richiedono fiumi di gasolio e quindi producono alte emissioni di gas serra. Un chilo di gasolio ne produce tre di anidride carbonica e per diserbare un vigneto con le macchine invece che con un erbicida ci può volere anche il triplo del carburante. E non mi pare sia un buon affare immettere chili di gas serra in atmosfera pur di non trovare qualche nanogrammo di pesticidi.

Non so neanche se l‘eccessiva lavorazione del terreno gli faccia poi tanto bene: si forzano i processi ossidativi della sostanza organica presente nel suolo – e via con altra anidride carbonica in aria – come pure si espone maggiormente il terreno stesso ai fenomeni erosivi. Né godono particolarmente gli organismi che in quei primi centimetri ci vivono.

Sapete ad esempio che nel diserbo esistono apparecchiature dotate di fotocellule che riconoscono le malerbe e concentrano lo spruzzo di prodotto solo sulla pianta individuata anziché ovunque. Interessantissimo da noi il mix sapiente  di sensori on-line che indicano il momento ed il modo giusto per trattare e ricavarne il miglior effetto di costo beneficio.

Infine un fatto fondamentale ed insuperabile. Le nostre latitudini non beneficiano infatti di quella favorevolissima condizione delle zone a sud del mondo. L’effetto sterilizzante dei raggi uva del sole è un grandissimo aiuto naturale contro tantissimi fitoparassiti. Che noi non abbiamo.

Ecco perchè, col clima che abbiamo in Trentino corriamo invece il rischio che nuove soluzioni indicate dal bio siamo meno efficaci. 

LOTTA BIOLOGICA, TUTTO FACILE?

Mi lasciano perplesso e abbastanza scettico anche i nuovi orientamenti verso i microrganismi e gli insetti utili usati al posto della chimica.

Infatti, ora, anche le principali multinazionali si stanno tutte orientando verso questa frontiera. Il business economico pare davvero importante e le grandi compagnie seguono sempre il mercato nuovo. Specie se questo promette meglio del vecchio. Ancora di più se ti aiuta a raccogliere consenso mediatico politico magari finalizzato ad evitare la guerra da parte dei movimenti ecologisti. Peccato che poi, gli antagonisti naturali dei parassiti e dei patogeni abbiano dei limiti anche in termini di efficacia, dato che non eliminano a fondo le avversità bensì le ostacolano e basta.

Magari anche benino, ma basti pensare a degli esempi. Il Cinipide del castagno. Per contrastarlo in Italia si sono lanciati milioni di vespette predatrici delle sue larve. Va bene così anche se i risultati sono stati tutt’altro che risolutivi: il Cinipide è ancora lì e di danni continua a farne tanti.

E scusate l’anatema, ma temo che per le medesime ragioni anche la famosa vespa samurai lanciata contro la Cimice asiatica produrrà solo risultati parziali. 

GLI ORGANISMI GENETICAMENTE MODIFICATI.

L’utilizzo di OGM, altro non è che un ulteriore passo verso questa frontiera. Lasciatemi aprire una piccola parentesi sulla paura verso questi organismi. Ci avete fatto caso quante contraddizioni?

Per avere una pianta resistente, uno dei principali presidi del metodo biologico, se ne deve modificare forzatamente il codice genetico. Se n’è accorto qualcuno? Tant’è.

UNA STRADA PER USCIRNE.

Insistere vale la pena, indipendentemente dal metodo per arrivare a creare un clima di fiducia verso l’agricoltura. Spiegare che esiste un valore intrinseco nell’agroalimentare locale, un controllo di filiera più breve, più diretto dunque più salubre.

Ogni chilo di raccolto in più qui in Italia diventa un chilo in meno importato dall’estero. Ogni frutto, verdura o litro di latte prodotto in Trentino lo sarà grazie alla nostra severa capacità istituzionale ed etica di controllo produttivo e sociale. E produrrà ricadute dirette locali.

UN COMPITO PER CIASCUNO DI NOI.

A noi tutti rimane il compito di cercare di capire, di discendere e di informarsi. Oltre ai prodotti bio, andrebbero dunque preferiti quelli della cui salubrità garantiscono le nuove tecnologie degne dell’Agricoltura 4.0.

La scienza in generale, la ricerca, l’elettronica e la meccanica possono giocare un ruolo importante nel ridurre o eliminare i “pesticidi” a parità di efficacia. 

Si persegua dunque, in maniera ancora certo perfettibile, quello che a mio avviso rimane ancora il miglior sistema disponibile: quello lotta integrata, applicato in maniera spinta!

In pratica di ogni metodo disponibile, si utilizza lo strumento chimico, fisico o biologico che dia i migliori risultati con il minor utilizzo di presidio antiparassitario.

Addio prodotti nostrani se ci fissiamo su un metodo. Se elaboriamo invece un mix di chimica, fisica, e metodi nuovi, il tutto condito con la nostra serietà di utilizzo potremo vincere questa battaglia. 

Nessuna di queste armi basta da sola. Solo la loro oculata integrazione può garantire il successo contro l’esercito di malerbe, parassiti e patogeni che assediano minacciosi anche i sani prodotti nostrani preferiti dai Trentini. Che con l’approccio ideologico, campi, non ne hanno mai coltivati.