Sapete cosa vi dico? La montagna, senza le persone che la frequentano è tanto triste quanto affascinante. Il dramma dettato dalla pandemia ci ha imposto di vivere momenti che fino ad ora erano stati rappresentati soltanto nei film di fantascienza. E dell’horror.
Eppure i luoghi impervi delle nostre vallate, quelli che si raggiungono soltanto a piedi per intenderci, hanno mantenuto un loro grandissimo fascino. Anche se svuotati dai provvedimenti delle ordinanze sanitarie.
Ultimamente mi è capitato di inoltrarmi nel Lagorai vestito dal bianco candore dell’inverno. Vivere certi luoghi incantati e selvaggi come quelli lassù ci ricorda ancora una volta che esistono meravigliosi prodotti turistici anche invernali che possono benissimo coesistere in un territorio turistico specializzato e focalizzato per la propria stagione invernale sullo sci alpino. Che pure rimane la nostra fortuna e la nostra “industria”. Che ha salvato la montagna dallo spopolamento e dell’abbandono.
Un altro turismo
Il Trentino è grande e ci offre la possibilità di presentarci con due volti a due pubblici completamente diversi. Nel primo caso, quello più infrastrutturato che piace tanto a chi adora la compagnia, il divertimento, la folla, la socialità. Poi c’è un pubblico più risicato – certo – ma potenzialmente interessante al quale piace il silenzio, la solitudine, il potere respirare un’aria che punge la gola fino a farti quasi tossire. Senza sentire nessuno intorno.
Cosa ci serve?
Per questo pubblico, non abbiamo ancora codificato, se non sporadicamente, modelli di valorizzazione del prodotto. Si dovrebbero cominciare a strutturare località di arroccamento alla base della montagna. Nei paesi dove è facile arrivare e poi lasciarci la macchina.
Per la catena del Lagorai, ad esempio, all’uopo andrebbero benissimo località come la Val dei Mocheni, il Pinetano, tutta la Valsugana, il Tesino ed il Vanoi. Non sono località particolarmente performanti dal punto di vista del Pil locale e delle opportunità di lavoro. Sono luoghi incantevoli però, dove si potrebbe proseguire nella valorizzazione del patrimonio immobiliare desueto. La proposta è di utilizzarlo sempre più come base da offrire a chi cerca questi luoghi, questi nuovi prodotti.
Quello digitale, a complemento, è un sistema formidabile di ricerca di teorici clienti. Filtra con minuzia chirurgica la platea di potenziali interessati su base praticamente planetaria. Non si può pensare ad una recettività di massa. I numeri non potrebbero essere che limitati ma ripeto, si insedierebbero in zone dove basta davvero poco a fare la differenza.
Ha ragione il movimento “Giù le mani dal Lagorai” ad esser preoccupato per l’eccessiva antropizzazione di questa zona. Fa bene a ricordarci il concetto di limite e di sostenibilità che devono essere le preoccupazioni anche di chi governa.
Niente di nuovo, insomma!
Esatto! Ciò del quale ho già parlato, in Trentino è già ampiamente presente. Pensando soltanto ad esempio alla bellissima rete delle “Vacanze in Baita” tanto per citare un’esempio virtuoso. Siamo tutt’altro che all’anno zero. Le considerazioni di cui sopra andrebbero lette piuttosto come uno stimolo a migliorare, a diventare un esempio virtuoso nel mercato turistico alpino.
L’aiuto del governo provinciale sarebbe decisivo. Invece, questa Giunta specie nel turismo invernale manifesta una visione piuttosto monocorde. Sembra guardare gran poco più in là delle cabinovie davanti a casa. Se avesse investito metà del tempo speso ad annunciare impraticabili aperture degli impianti, ad organizzare invece qualche formula di turismo alternativo forse, dico forse, qualche barlume di speranza in più, ancora aleggerebbe tra i pubblici esercenti.
Ma un’altra montagna è possibile! Non destinata a produrre grandi numeri ma a presentarsi come alternativa e complemento sicuramente si. Anche e specie in epoca Covid e ci auguriamo prima possibile, post Covid