IL VALORE DELLE MALGHE TRENTINE. Macchine da fondi europei o valore aggiunto per la cultura della Montagna?

Da Michele Dallapiccola

Vorrei parlarne ancora nonostante sia già accaduto poche settimane fa. Questo perché sui media e sulla cronaca emerge spesso una preoccupazione. 

Il Trentino sembrerebbe letteralmente sotto l’assedio di speculatori specie da fuori provincia. L’attacco danneggerebbe i nostri allevatori e soprattutto le casse della nostra provincia. 

Facciamo chiarezza. 

I fondi che qualsiasi allevatore riceve grazie al sistema dei C.d. “Titoli” per gestire i pascoli, provengono dalla Comunità Europea. Per questo sono a disposizione di tutti. Del resto gli occhi del legislatore che li guarda da Bruxelles non vedono nessuna differenza tra un allevatore del Primiero rispetto ad un suo vicino di Belluno o una stalla della Valle del Chiese rispetto ad una della Val Sabbia.

Come si possono valorizzare questi fondi a favore del Trentino?

La differenza la possono fare gli Enti Locali insieme ai principali attori di questo programma che sono gli allevatori. 

Gli strumenti fondamentali sono stati costruiti nella precedente legislatura. Essenzialmente si è agito su due fronti. Da un lato nella trattativa con Roma e Bruxelles si è portato il valore dei premi/ettaro del Trentino ad un livello più vicino a quello del resto della nazione. In questo modo abbiamo messo gli allevatori trentini in grado di meglio competere dal punto di vista economico con i loro colleghi “italiani”. Quest’ultimi in passato ricevevano premi tripli o quadrupli rispetto ai locali. Per storica ingiustizia, oggi appunto, superata.

Dall’altra, per gli Enti Locali è stato messo a disposizione un “bando tipo” per effettuare l’assegnazione in modo da favorire la qualità delle modalità di alpeggio piuttosto che il prezzo. Ad onore del vero si è cercato di mediare poiché è nota la necessità delle amministrazioni locali di non mettere il proprio patrimonio a disposizione del mercato a prezzi bassi o bassissimo come avveniva in passato. E c’è da capirli, vista la massima attenzione soprattutto dell’attività di controllo giudiziario. 

La chiave di volta costruita per risolvere questo rebus è rappresentato dalla delibera 731 del 6 maggio del 2015 costruita per disciplinare le modalità di affidamento delle nostre malghe. 

Un recente bando di un’amministrazione comunale che si è dimostrata molto sensibile alla qualità dell’attività

Si può, anzi si deve premiare la qualità. 

Il metodo dell’offerta economicamente più vantaggiosa prevede proprio questo. Dal canto loro i nostri allevatori devono mettersi in ordine con il proprio pacchetto titoli verificando caratteristiche ed opportunità presso i loro CAA, i patronati per l’assistenza contabile agricola. Li, o presso gli Uffici periferici del Servizio Agricoltura della PAT troveranno tutte le informazioni del caso. A questo punto provocare il matching, cioè incontro tra le parti sarà molto facile.

Chi, se non i malghesi locali si prendono il tempo ed hanno la pazienza di dedicarsi a produzioni di qualità? Non certo chi prenda una malga soltanto per i “titoli”. Chi indice il Bando, queste cose deve e può controllarle!

Gli enti locali e gli allevatori potranno avere il giusto ritorno economico. Ma a guadagnarne sarà la soprattutto la comunità. 

C’è tanta burocrazia: ne vale la pena?

Arrivare a costruire un proprio “pacchetto titoli”, per un allevatore non è per niente facile. Tuttavia sono fondi che se non richiesti rimarranno nelle casse di Bruxelles per esser poi girati a qualche latifondista delle grandi praterie dell’Europa del nord.

A livello locale poi va considerato che una malga gestita da un allevatore locale, sarà sempre meglio curata rispetto a chi le affitta “per mestiere”. Per speculazione. Sono gli amministratori locali i primi a dover verificare questo e dove non succede è davvero un guaio. 

Dobbiamo insistere con la divulgazione di queste informazioni in maniera corretta. Gli allevatori questo quadro lo hanno molto chiaro. Purtroppo qualche amministratore locale in qualche caso ha dato dimostrazione di avere ancora qualche carenza.