AGRICOLTURA BIOLOGICA IN TRENTINO PARTE I

Da Michele Dallapiccola

I paradossi della spesa degli italiani e non di meno dei trentini ci portano ad elementari constatazioni. Anche l’ortofrutta risulta fortemente condizionata dai trend del momento e dalle mode alimentari.

Ma una costante si mantiene tale nonostante il mutare delle regole di mercato. Il consumatore chiede che il prodotto disponibile risponda alla regola delle 3 B. 

Bello – Buono – a Buon mercato. 

Va chiarito che non si possono dividere i metodi di coltivazione in termini manichei tra chi fa bene e chi no. Tanto più che in Trentino il metodo convenzione è sostituito dall’utilizzo della lotta integrata tra i migliori al mondo. La coltivazione con il metodo biologico dell’ortofrutta, dal canto suo, è agevole solo se c’è l’aiuto di microclima e latitudine. L’aria secca ed i raggi UVA, più a sud, fanno i miracoli e tutto è più semplice. Viceversa, alle nostre latitudini in un clima continentale moderato, umidità e temperatura favoriscono ogni genere di noxae specialmente in agricoltura.

Siamo davvero tutti pronti a tutto?

La nuova legge sul biologico è come foglia di fico. 

È semplicistico pensare che una semplice legge possa risolvere i tanti atavici problemi strutturali. Si presenta come un folto adeguamento normativo ai nuovi indirizzi comunitari. E così ancora una volta la giunta leghista ha utilizzato l’autonomia in modo aberrato.

Ha attivato nuova burocrazia con un singolare solerzia traducendo in norme provinciali direttive comunitari che partiranno almeno dal 2022.
Inoltre, ho trovato piuttosto ridondante che l’esecutivo si esprimesse con aggettivi roboanti senza indicare concrete effettive novità. A scorrere la norma in effetti se ne capisce il motivo. Alla legge è attribuita una dotazione finanziaria di 50mila€ anno. Si è parlato di ricerca di innovazione e soprattutto della possibilità per associazione e biodistretti di venir riconosciuti. Positivo, senz’ombra di dubbio. Ma a ben vedere più che di lifting, è meglio definirlo un semplice make-up della norma vigente, che in maniera certo più disarticolata, conteneva già più o meno tutto. Ad esempio: ci avete fatto caso che i biodistretti di Val di Gresta, Trento e Valle Laghi sono nati sotto il vigente quadro normativo?

Gli scogli da superare

Ci sono difficoltà culturali della popolazione che deve accettare un cibo non perfetto nell’aspetto e talvolta più caro nel prezzo. Ci sono difficoltà ambientali legate alla latitudine e al clima locale che non rendono certo il metodo bio come quello d’elezione da adottare in Trentino, pena l’abuso di metalli pesanti. Per questo motivo, va ricordato che biologico, non significa affatto non trattato. Sono criticità che abbiamo spesso ripetuto anche in passato ad esempio nell’articolo che potere ri-leggere aprendo QUESTO LINK.

La base di attivazione volontaria del bio va dunque mantenuta, spingendo sugli investimenti in agricoltura da considerarsi come prioritari se riferiti al metodo biologico, proprio come facemmo noi in passato. Ha funzionato molto bene.

A mio modesto avviso, la politica ha il compito di spingere su un approccio complessivo al sistema. E’ assurdo che in Trentino si sviluppino contrapposizioni tra gli imprenditori del settore biologico e coloro che lavorano col metodo di lotta integrata. C’è posto per tutti. Certo si deve operare con rispetto ed intelligenza, al fine di superare cross-contaminazioni. 

Diffondere cultura con un riassetto del PAN e attraverso un’adeguata promozione. 

Attraverso maggiori e più importanti campagne di marketing rispetto a quel poco che si è visto fino ad ora abbiamo davvero tanto da raccontare. Tutto il buono dell’agricoltura Trentina tradotto in pesanti azioni di promozione va portato avanti insieme alla revisione del PAN. 

Certo parlare di biologico e di “fiorellini” in TV è molto facile. E’ tutta un’altra cosa, andare dagli agricoltori e dai comitati no pesticidi per trovare una mediazione come si è fatto in passato eliminando ad esempio il clorpirifos.