La strada della Val Careta

Da Michele Dallapiccola

Da tempo mi sentivo incuriosito dalle varie prese di posizione, anche politiche, mosse affinché si recuperi questa vecchia via di comunicazione tra Caldonazzo e Lavarone. Così domenica scorsa armato di scarpe adatte e buona volontà mi sono messo a percorrere questa strada ottocentesca ormai abbandonata. 

Partendo dal paese, dopo un’ora di cammino, al termine del primo terzo del percorso, son dovuto tornare sui miei passi a causa di un ampio tratto di versante franato. L’affascinante relitto stradale, si può comunque raggiungere al termine del suo secondo terzo, salendo dal fondovalle. Così parcheggiata l’autovettura in uno degli spazi a servizio del parco fluviale del Centa, ci siamo incamminati alla volta dell’altipiano dei Cimbri. Lungo il torrente giacciono conservate per come si può, maestose rovine. Appartengono a mulini settecenteschi da tempo abbandonati.

Guadagnata la sponda destra del Centa, si sale repentinamente il ripidissimo fianco della montagna ma la fatica regala la soddisfazione del traguardo. La vecchia Val Careta. In quota, verso i 1200 metri circa, si possono visitare i luoghi toccati dalla strada. Scendendo a ritroso verso la località della Stanga, si raggiunge il vecchio dazio dove i ruderi di una trattoria attiva fino al ‘61, accolgono con un aspetto spettrale i curiosi passanti.

Salendo invece, verso i Virti di Lavarone si incontrano le rovine cementizie recentemente ben recuperate di quello che fu il Comando austro ungarico di tutti i combattimenti in Altipiano.

Il sedime, scavato nella roccia respira ancora il fiato di chi con le sue immense fatiche lo scavò. E’ davvero un viaggio affascinante nello spazio e nel tempo. 

Tutto sembra essersi fermato. 

Dal selciato ai paracarri, rimasti intatti proprio come testimoniano le foto d’epoca sulle bacheche presenti.

Raffigurano il tempo dove la via era affollata e si doveva farsi largo tra il lento incedere dei carri. Oggi soprattutto a causa delle frane, di quei panorami rubati dalle rocce scoscese ne possiamo godere ben poco. 

Ma è davvero troppo oneroso il recupero del sentiero? 

Dipende dal punto di vista. E dalla forza e dalla determinazione che la politica locale abbia voglia di metterci. Questa strada potrebbe rappresentare per i laghi di Levico e Caldonazzo ciò che per l’Alto Garda rappresenta il sentiero della Ponale. E se valgono gli studi di fattibilità del recupero sin qui attivati, gli investimenti necessari sarebbero anche inferiori a ciò che è stato speso fini ad oggi per l’affascinante sentiero Gardesano. 

L’economia turistica locale ne avrebbe adeguato ritorno? 

Chiedetelo a qualsiasi operatore turistico della Busa, cosa ne pensa. Io vi garantisco di aver letto terrore nei loro occhi quando per un periodo di qualche mese, qualche anno fa dovemmo chiudere la Ponale per una manutenzione urgente. 

Oggi la piana dei laghi dell’Alta Valsugana sogna un collegamento funiviario con l’Altipiano cimbro. Lo chiede da anni alla politica provinciale. Dopo un prudentissimo approccio del passato, l’attuale politica – prodiga di promesse funiviarie praticamente ovunque – lo annuncia invece come plausibile. Stride che lo faccia dopo aver eliminato, all’inizio del suo mandato, la prima tranche di finanziamento dell’unico collegamento finora autorizzabile ed autorizzato. Quello tra San martino e il Passo Rolle. 

Funivia per gli Altipiani cimbri: è sostenibile? 

Non si può rispondere a certe domande con un “secondo me”. Per questo motivo ho voluto sottofirmare un atto politico coi colleghi di minoranza che chiede uno studio di fattibilità di questa mera promessa. Quello che pur informalmente ebbi modo di visionare io, ormai 6 o 7 anni fa, era improponibile. Forse, oggi, nuovi dati ci faranno cambiare idea? Può essere anche se io rimango dell’idea che non si rilancerà la zona dei laghi con la sola promessa di un nuovo “giocattolo” a fune, perché il rapporto costo-beneficio dell’operazione purtroppo rimane ancora troppo alto. Invece vanno intercettati i potenziali clienti di prodotti turistici più a portata dell’offerta locale. Son quelle persone che cercano emozioni, natura selvaggia e posti letto diffusi. 

La “nuova” Val Careta potrebbe diventare la seconda Ponale del Trentino?

Non lo so, ma una vera attrattiva per la Valsugana assolutamente sì. La collegherebbe al Sentiero della Pace piuttosto che alla 100km dei forti solo per citare un paio di esempi che sappiano fondere storia, cultura, trekking e bike, alla vacanza libera sull’acqua dei laghi.

Questa gemella della più conosciuta ma ormai trafficatissima strada del Monterovere o del Menador, sale lo scosceso pendio della stessa montagna pochissimi km più a est. Il glorioso impero austro ungarico le realizzò entrambe con mezzi e risorse economiche generali ben più ridotte dei tempi attuali. Possibile almeno provarci?