“Grazie al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza riusciamo finalmente ad offrire alle imprese agricole italiane gli strumenti ed il sostegno necessario per compiere il grande salto di qualità verso l’agricoltura 5.0.”
Così ha dichiarato il Ministro Stefano Patuanelli. Nel suo comunicato stampa di qualche giorno fa, aveva chiarito i macro obiettivi del PNRR prefissati per l’agricoltura:
- Competitività del sistema alimentare.
- Produzione energetica da fonti rinnovabili, riduzione delle emissioni, miglioramento della sostenibilità dei processi produttivi.
- Miglioramento della capacità di adattamento ai cambiamenti climatici, prevenzione del dissesto idrogeologico.
Quali, i fondi? E per fare cosa?
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza prevede che agli stanziamenti principali diretti per il settore agricolo, si affianchino altri progetti condivisi con altri Ministeri. I valori ipotizzati sono questi:
- 800 milioni per la logistica
- 1,5 miliardi per l’Agrisolare
- 500 milioni per l’ammodernamento delle macchine agricole
- 1,2 miliardi per i Contratti di Filiera e di Distretto
- 1,92 miliardi per lo sviluppo di biogas e biometano
- 880 milioni Resilienza dell’agrosistema irriguo.
Tra tutte queste cifre, quanto è riservato al Trentino?
Così come immagineranno specialmente gli addetti al settore, il capitolo più interessante da dove possiamo attingere con progetti di sistema è quello dedicato alla rete irrigua. Degli 880 milioni riservati al comparto il Ministero conferma purtroppo che 360 milioni€ relativi a progetti già in corso, sono già opzionati. Per il Trenino, il plafond realmente disponibile potrebbe rivelarsi quindi di soli 500 milioni.
In questi riparti, normalmente, l’agricoltura provinciale vale l’1% del riparto nazionale. Se tanto mi da tanto su 500 milioni€ disponibili al Trentino ne spetterebbero 5? Ce ne faremmo ben poco.
Il Trentino agricolo ha sete, portafoglio vuoto e testa fra le nuvole quanto a soluzioni praticabili nel medio e lungo periodo
Si fa davvero fatica a capire dove questa giunta voglia andare parare e quale direzione voglia prendere.
Emblematico, è il caso del Piano acqua Val di Non. L’esecutivo è finito alla berlina dei media per aver messo le amministrazioni locali con le spalle al muro: è stata loro richiesta acqua in cambio di sostegno allo sviluppo della valle.
La notizia si è diffusa al tal punto che alcuni sindaci della Val di Non ci credono, e hanno calorosamente replicato in antifona gli inviti della Provincia.
Le comunità non vanno messe in condizione di scontrarsi.
Né, l’amministrazione provinciale può pretendere che le soluzioni arrivino dai singoli. Si aspettano piuttosto proposte progettuali sulle quali discutere e ipotesi su dove reperire fondi e su come procedere.