Turismo & Agricoltura: anche nella bella Val di Fassa?

Da Michele Dallapiccola

Può parlare una terra? Attraverso cosa narra i suoi racconti? Quali sono i messaggi che ci trasmette? Senz’ombra di dubbio è in grado di farlo e lo fa. Attraverso il paesaggio. Inteso come espressione dell’ambiente e delle sue modificazioni attuate dall’uomo.

Ed è proprio questo il punto di congiunzione tra qualcosa di inanimato quale è un territorio e ciò che, vivo, fa parte del nostro sentire, del nostro stato d’animo.


Un viaggio in val di Fassa,

ad incontrare alcuni amici in questi giorni, ci ha portato a riflettere su quanto sia importante questo linguaggio. Impercettibile, per chi vive la valle quotidianamente, assolutamente evidente per l’ospite che viene da fuori. Un viaggiatore, un amico dei Ladini Trentini, ma anche un passante forse un pò distratto,  si possono accorgere subito che questi luoghi traspirano una cultura particolare. Ne parla l’architettura: con i tabià, le costruzioni lignee, specie quelle antiche.


Ne parlano i prati, verdi immensamente verdi perché coltivati. Sono gli allevatori locali i loro eterni custodi. Sapienti giardinieri del chiaroscuro dell’erba che si alterna con lo scuro dei boschi. Agli esteti del paesaggio non rimane che il grande privilegio di poterne assaporare il risultato. Anche perché lo spettacolo è garantito dalla cornice di colore Rosa. Il colore dei Monti Pallidi.


E la valle sarà vincente quanto più sopra conservare la sua vera anima rurale. Fatta sì di meravigliose strutture turistiche all’avanguardia ma soprattutto di cuore. 


In termini di richiesta di strutture ed infrastrutture, gli ospiti ormai hanno il palato sempre più fine. Ma l’impianto di risalita moderno, veloce, sicuro, le piste con un gestione olimpionica, i meravigliosi rifugi non bastano più.


L’ospite cerca sempre più l’anima delle cose. Perché di strutture belle sì, ma plastificate, di strutture alla ricerca della perfezione ne sono piene le Alpi. Non possiamo metterci a competere sacrificando magari la remuneratività. Possiamo, dobbiamo, puntare anche sul quell’architettura del paesaggio che dicevamo. Dobbiamo puntare sul messaggio complessivo da trasmettere all’ospite. 


Ma non sono cose che ci sono già? Non sono “ben altri” i problemi della Valle?  

Ad inseguire, ad imitare, a correre dietro a modelli già visti altrove il rischio di una condizione “dislessica”del linguaggio del territorio è molto alto. 


Una proposta di progetto dirompente

Ad esempio. Produrre bio è impegnativo ma soprattutto costa caro. La Val di Fassa però, così bene circoscritta, potrebbe trasformarsi in VALLE BIO se semplicemente lo facessero tutti i suoi allevatori insieme. Certo, come abbiamo precisato, costa tempo, fatica e soldi. Andrebbero aiutati, dal settore che per primo ne avrebbe a beneficiare: il Turismo. Vi immaginate a Moena, o sui Passi in ingresso da nord che potenza avrebbe il messaggio “state entrando in una Valle Bio integrale”?


Insomma ben venga il controllo, la gestione del traffico, il miglioramento della viabilità, l’ammodernamento dei trasporti. Sono azioni fondamentali. Ma ciò che deve rimanere al centro dell’attenzione in tutte le valli turistiche del Trentino – e dunque anche qui – è il comfort lavorativo per chi gestisce il paesaggio, quello vero. Chi lo coltiva sfalciando prati e sradicando sterpaglie. Chi dà il vero senso alla gita in malga o ad un pasto che non si può definire davvero tipico se non contiene del buon formaggio.


Solo attraverso una strettissima collaborazione tra le due metà del cielo d’impresa delle valli, il Trentino potrà mantenere il suo fascino. Diversamente correremo il rischio di perdere tutto. Non è difficile, Non è impossibile collaborare. In val di Fassa ad esempio gli allevatori sono rimasti ormai in poche decine. E di formaggio e latticini non locali da Moena in su, non dovrebbe passarne nemmeno un kilo.


Non è una questione di prezzo ma di ragionamento complessivo di impresa. E interesse di tutti, e un dovere di Comunità.