La Val Monzoni e il rifugio Vallaccia.

Da Michele Dallapiccola

Ai frequentatori del Trentino un pò distratti, forse queste località non evocano immediatamente la loro precisa collocazione. In effetti, sono luoghi destinati ai palati più raffinati, a chi ama davvero la montagna emozionante. 

Eppure sono facili da raggiungere, con molti strumenti che permettono di farsi qualche “sconto” sulla salita. Il bravissimo Comune di Sèn Jan de Fascia, ad esempio ha da tempo precluso alle auto private il passaggio per arrivarci. Ci sono dei comodi bus navetta. Per altro, li consiglio a chi abbia qualche difficoltà a camminare in montagna. La Val San Nicolò, da sola merita il viaggio. Da favola, emoziona il panorama coi suoi Tabià. Sono delle casette tradizionali agricole un tempo utilizzate per la fienagione.

 

Ma andiamo con ordine.

Arrivati in Val di Fassa, a Pozza per la precisione, si svolta verso la Val San Nicolò. Si abbandona la macchina nel parcheggio di attestamento e si prende la navetta per la Valle o per il Rifugio Monzoni. Tutto facile e ben segnalato. A chi avesse voglia di far gambe (noi abbiamo voluto salire per circa 3 ore) non rimane che l’imbarazzo della scelta sul quanto tempo camminare. Diversamente, in un’oretta e mezza, si guadagnano i 2300 mt del Rifugio Vallaccia e tutto il resto, che è indescrivibile. 

 

Racconto con fin troppa semplicità, queste minute informazione da blogger fin troppo ingenuo. Non me ne voglia chi lo fa per passione o professione. Accetterò le loro critiche perché al ragionamento politico che mi appresto a descrivere era necessario anteporre una breve premessa tecnica di contestualizzazione

Questo tipo di luoghi, anche per Valli molto frequentate come quella di Fassa, sono località che stanno solo all’inizio delle loro potenzialità.

Proprio il fatto che non siano state particolarmente attrezzate ed infrastrutturate permette loro di effettuare una proposta diversa. La Val di Fassa “Wild” quella selvaggia, quella che in pochi ricordano ancora, esiste!

 

L’”overturism”, è un fenomeno che la Valle sta cercando di gestire con saggezza e consapevolezza. Diversificando e infrastrutturando ulteriormente. Nuove strade, corsie preferenziali, nuovi impianti. Se questo è giusto o no, non sta a me giudicare. Sarà la Comunità Fassana a dover trovare una soluzione, un nuovo punto di equilibrio.

 

E intanto?

Vi sono luoghi da dove non è possibile scorgere se non in maniera impercettibile da molto lontano, strutture ed infrastrutture turistiche. Sono aspre cime dolomitiche che permettono di segmentare un mercato che ha bisogno sempre più di alternative.  Non hanno bisogno di promozione “pesante”.  Non cercano la folla né hanno bisogno di infrastrutturazione “hard”. Abbisognano piuttosto solo di una rispettosa per quanto minimale manutenzione di quelle poche reti che le servono. Una piccola viabilità, la possibilità di accedere alla rete digitale, regole di funzionamento chiare e comprensibili e davvero poco altro.

 

A ciascuno di noi il compito di far vivere questi luoghi e queste strutture parlandone e frequentandole. Nelle modalità e nelle possibilità che il nostro fisico ci concede.

 

Del resto, in apertura abbiamo parlato di un approccio che rifugge il turismo di massa, ricordate? E’ una parte bella del Trentino.