Segmentare il mercato, anche nel ghiaccio?

Da Michele Dallapiccola

Certo, perchè siamo in Trentino. Le Olimpiadi si avvicinano e quattro anni passano in un lampo, specie nel campo dei lavori pubblici. 

Al punto in cui siamo arrivati oggi, tra burocrazia e lungaggini impreviste non basta nemmeno più una legislatura per vedere fatto qualcosa. 

Lo certifica un’ennesima roboante uscita trionfale della giunta provinciale. Qualche giorno fa, sulla stampa, comunicava con toni comprensibilmente entusiastici di oltre 160 milioni€ di investimenti. Scorrendo nell’elenco rappresentato, era praticamente già stato tutto stanziato dalla precedente Giunta.

 

Ecco perché, in quest’ottica, i 15 milioni€ per ora ancora solo promessi allo stadio del ghiaccio di Pinè, sembrano così lontani e così aleatori. Non parliamo poi di pari o maggiore cifra chiamata in causa per arrivare a realizzare la copertura della pista lunga. Rappresenta l’elemento più discusso dei sogni olimpici dei pinaitri a causa dell’imponderabile costo di gestione post evento.

 

A poco valgono anche le promesse di sempiterno aiuto finanziario fatte dalla giunta provinciale. Probabilmente perché anche la stessa comunità si chiede, qualora ottenute da Trento, se sia il caso di usare quelle somme così importanti per la gestione. Per sempre, solo lì.

Con tutto quello che andrebbe ancora sviluppato nell’altopiano. 

 

Che tutta la comunità sia favorevole a quest’opera, non v’è dubbio. 

Che ne sia altrettanto preoccupata nemmeno. Ma come si potrebbe procedere allora?

La vocazione trentina per gli sporti su ghiaccio è innegabile. Tutto l’arco alpino ne è fortemente influenzato e Pinè col suo lago di montagna quasi sempre ghiacciato nel periodo invernale, regala paesaggi da cartolina e fa ancora sognare intere generazioni. Per questo qui sono nati grandi campioni e ancora tanti ne nasceranno. Ed è altrettanto comprensibile che la comunità viva l’anelito di avere una struttura che li ospita e li premi.

 

Il ghiaccio però non esaurisce le sue potenzialità solo nella fruizione dei grandi campioni. Intere famiglie, dai piccini ai più grandi cercano un luogo dove esercitare per diletto o per propria capacità, forme diverse di attività che mordano il ghiaccio con le lame.

 

L’ente gestore dello stadio lo ha colto da tempo e di conseguenza ha cercato di diversificare le sue attività. Si chiama segmentazione di mercato ed è in linea con quanto fa la provincia già da qualche anno con le sue stazioni sciistiche. Le grandi dedicate ad esperti e sport anche professionistici, le piccole diversificate e dedicate alle famiglie, ai piccini e al tempo libero sulla neve. Ebbene, un approccio analogo, potrebbe forse salvare anche il destino dello stadio di Miola. Un programma articolato di ore ghiaccio che intercetti tutte le esigenze di mercato, dalle più insignificanti fino alle corse dei campioni. Un progetto che racconti l’utilizzo delle varie piastre che verrebbero costruite con l’impegno di utilizzo dalle 8 di mattina alle 22 la sera. Un progetto organizzato per intercettare tutte, ma dico tutte le attività umane che in qualche maniera possano avere a che fare col ghiaccio. So che è ambizioso. Ma è l’unica strada che può avere senso.

 

Miola di Pinè: polo del ghiaccio del Trentino?

Sarebbe formidabile pensare a Pinè come al Polo del ghiaccio del Trentino. Il luogo adatto ai piccini per il loro avviamento allo sport con campi a loro dedicati. Insomma, accanto agli spazi riservati ai grandi campioni, andrebbero realizzate e coperte piuttosto delle piastre più piccole.

È il concetto dello stadio piccolo pluripiastra che non c’è da nessun’altra parte in Italia.

 

Se alla copertura della pista lunga, sembra sempre più evidente che si possa rinunciare, non appare altrettanto possibile farlo per questa evoluzione di approccio multidisciplinare alla fruizione del polo. Nel cuore degli attuali appassionati gestori questa cosa c’è già. Ciò che sto raccontando non inventa proprio un bel niente. 

 

Il problema è che questo approccio stratificato al mercato del ghiaccio nelle parole degli organizzatori e della giunta provinciale non traspare. Il risultato è che ora il dibattito pubblico è polarizzato a stadio sì stadio no, grande copertura, senza copertura.

 

Quanto sarebbe rassicurante sarebbe sentire la giunta provinciale che presenta questa cosa? Quanta più fiducia si potrebbe nutrire in questa volontà collettiva se la politica presentasse un progetto articolato di utilizzo di ore ghiaccio delle varie attività. Gioco, arte, sport, tutto con i propri spazi tutto con i propri orari. Integrato con infrastrutturazione turistica dell’altopiano?

 

Senza queste spiegazioni, si creano grandi aspettative accanto ad intense frustrazioni. E tanta è la fame di apparire della politica, senza neanche valutare il perchè delle cose, che si perde tempo ad inaugurare in pompa magna la consegna dei lavori di una normalissima rete paramassi come migliaia se ne fanno da sempre in Trentino.

 

C’erano tanto di tavolino, foto, brindisi e quant’altro. Speriamo si siano almeno ricordati di acquistare un Trentodoc. Intanto il 2026 è alle porte.