Turismo&agricoltura: c’è davvero collaborazione in Trentino?

Da Michele Dallapiccola

Insieme all’artigianato e all’industria, l’altra metà del cielo delle imprese trentine, le aziende “territoriali”, potrebbero collocare il Trentino tra le migliori regioni europee per PIL e qualità sociale.

Due settori questi, che se uniti,  dal punto di vista lavorativo e sociale  potrebbero dispensare ancora più enormi soddisfazioni.

 

Entrambi si nutrono di… paesaggio! 

Gli uni lo valorizzano offrendolo agli occhi e al cuore dei nostri visitatori. Gli altri, è proprio il caso di dirlo, sotto forma di foraggio lo mettono direttamente in bocca al proprio bestiame. Ad entrambi sta a cuore una cosa: che il paesaggio inteso come effetto della relazione tra l’ambiente naturale e l’uomo, possa mantenersi ordinato. Non si tratta di un mero auspicio tecnico dal solo punto di vista idrogeologico, ma soprattutto estetico e culturale. La politica, le relazioni, la conoscenza del territorio e dei suoi abitanti ci lasciano ancora dei feedback non proprio entusiasmanti. Ci ha permesso di capire quanto difficile sia ancora Il dialogo tra turismo e agricoltura. Tra le parti c’è ancora una profonda difficoltà a mettersi gli uni nei panni degli altri. Eppure la necessità di collaborazione sta crescendo sempre di più. Il settore lattiero-caseario, qualche bella soddisfazione la riceve e gli allevatori sono meglio considerati specie dal punto di vista sociale 

 

L’occasione di una visita in Val Rendena mi ha permesso di riflettere sull’uso sostenibile delle piste da sci. D’estate sono ottimo corollario al nostro sistema malghivo. Con un demanio sciabile di circa 1650 ettari rappresentano comunque un’enorme opportunità di pascolo per le nostre aziende agricole, sempre affamate di nuovi prati da pascolare. Ma non basta. La collaborazione non può fermarsi a questo pur importantissimo aspetto. 

 

Reddito e qualità di vita. Innanzitutto dignità.

E su questo entrano in campo anche le responsabilità dell’attuale politica. Due gli assessori: uno al turismo, l’altro all’agricoltura. Praticamente non si parlano. Due pianeti diversi. Eppure, promuovere e finanziare manifestazioni, legare i contributi alla partecipazione alla promozione turistica e al marketing, potrebbero aiutare molto. Anzi, oltre ai premi a superficie, i finanziamenti andrebbero particolarmente canalizzati su pubblicità e marketing. In questo modo, le vendite, rese più solide, perché sostenute potrebbero arrivare ad ottenere prezzi ancora maggiori? È una scommessa, tutta da capire. Per funzionare però ha bisogno fondamentale della leva pubblica. I risultati però potrebbero essere rivoluzionari. Darebbero risposta all’eterno desiderio degli allevatori.

 

E’ risaputo che gli imprenditori agricoli chiedono di essere pagati per il loro lavoro. Chiedono che sia loro corrisposto il giusto prezzo per il latte prodotto. Vivono il contributo come una forma di elargizione poco compresa. Sembra quasi venir accettata, obtorto collo. Ecco perché, siamo ancora troppo lontani dal trovare forme di soluzione agli acciacchi del rapporto tra questi due settori.

 

La politica di questo ultimo triennio, non ha fatto altro che amplificare. Abbiamo fatto un salto indietro di più di 10 anni con una marginalità che per il settore zootecnico nel frattempo si è gravemente consumata. 

 

Non vogliamo allevatori dipendenti dai premi Pac, vogliamo allevatori socialmente riconosciuti, aiutati a rendere più leggero il loro lavoro (anche in relazione alla presenza di grandi carnivori).

 

Per avere un territorio curato, il latte va giustamente pagato. Ma per quello, la strada è ancora lunga