La fatica, la montagna e il senso dei propri limiti.

Da Michele Dallapiccola

Ho iniziato ad andare in montagna da poco. La vita fino ai 50anni mi ha concesso troppo pochi spazi per farlo. Anzi, senza dare la colpa a nessuno ho preferito fare altro. Molto altro. Forse troppo altro.

 

Da un paio d’anni, cerco di tenermi la domenica libera per gustarmi questa enorme opportunità che la Terra dove vivo mi concede. Vivere da dentro la montagna.

 

Ebbene dopo una serie di camminate preparatorie ho affrontato la mia prima ferrata. Un sentiero di media difficoltà che la persona che ci accompagnava faceva, come si dice, con le mani in tasca.

 

È questo il punto del quale voglio parlare 

Andare in montagna è un piacere, rispettare lei e i propri limiti, un dovere.

Leggere bene le recensioni di dove si sta andando, capire quale percorso si tratta, attrezzarsi se serve, farsi accompagnare da esperti e soprattutto rispettare se stessi.

 

Scegliere mete alla propria portata utilizzare la testa e infine, non scontato, l’abbigliamento adatto.

 

Per la cronaca, ieri ho percorso il Sentiero dei Fiori in Presena, sul Tonale. Davvero bello!

 

Ecco, la riflessione più profonda, che mi porto via è sicuramente quella che incute la vista dei resti della grande guerra e delle lapidi commemorative dei morti in quota anche in tempi recenti.

 

La montagna conserva le spoglie dei suoi eroi, quelli che combatterono qui ma anche di qualcuno che ha provato a sfidarla. Nella cattiva sorte, talvolta nella leggerezza. Purtroppo.

 

Quest’ultima fattispecie dipende dal singolo e la cultura della montagna serve ad evitarlo. Diffondiamo questo messaggio.