Biologico VS lotta integrata?

Da Michele Dallapiccola

La verità sta nel mezzo. Perchè biologico non significa non trattato e gli agrofarmaci possono essere pericolosi anche per la salute umana. Non per questo i due metodi dividono i contadini in santi ed antieroi.

L’iconica chiesetta Tuenetto, a lato della graziosa frazione abitata da 60 anime, osserva l’entrata della Val di Non

 

Lo fa dal 1561. Oggi però con uno spirito particolare. Il suo comune catastale coincide con un’isola bio. Un progetto interessante che nasce dalla volontà etica e professionale di un gruppo di agricoltori che ci credono. 

 

Lo spirito “bio” è assolutamente lodevole. 

Ad impressionare ancora di più il loro racconto. Fatto di colloqui, relazioni coi “civili”, coi colleghi agricoltori che lavorano con l'”integrata”

Ne è emerso un quadro fatto di grande dignità e fierezza. Fatto di persone orgogliose che ci credono e ce la stanno facendo. Nonostante, si raccontino le numerose difficoltà specialmente di convivenza degli appezzamenti coltivati a bio rispetto a quelli a lotta integrata. Eppure dei metodi per migliorare le cose ci sarebbero. Ricordo che è avvenuto nella Provincia di Bolzano dove una convenzione – che prevede regole e misure pratiche per evitare l’inquinamento involontario delle colture biologiche – nel 2017 venne sottoscritta dal Consorzio dei produttori di frutta e verdura della Val Venosta VI.P e da tutti e tre i consorzi della produzione biologica di Bioland Südtirol. 

 

Anche da noi ci sono condizioni di accordo. Gestite in maniera sporadica al punto che in Consiglio Provinciale, nella nuova norma sull’agricoltura biologica, la Minoranza ha voluto far inserire un passaggio che imponga alla Provincia di intraprendere azioni che andranno concordemente a regolamentare questo inconveniente.

 

In nessun luogo del Trentino è facile praticare bio. 

Ci sono tuttavia situazioni tanto variegate da far sì che sia la situazione locale, ad esser determinante: in positivo o in negativo. 

 

Il compendio tavolare è il primo problema lamentato dagli agricoltori. La polverizzazione particellare non aiuta di certo. Del resto, terreni coltivati a macchia di leopardo coi due metodi, non possono coesistere. 

 

Poi va tenuta in considerazione la situazione determinata dalle barriere vegetali naturali e artificiali e da posizioni favorevoli di terreni adagiati a  ridosso di cambi di pendenza corsi d’acqua o vallecole.

 

Il microclima locale e la tipologia di coltivazione. Fare bio, su mela in val di Non, vite in Val di Cembra, berrys in Pinè, non è affatto uguale. Né va demonizzata una forma di coltura rispetto alla tra. Spesso strumentalizzando la cosa a scopo politico. 

 

Basta pronunciare il termine bio e in qualsiasi luogo parte la scarica di commenti e dissertazioni di super esperti ed opinionisti vari. 

 

La verità sta nel mezzo. 

Biologico non significa non trattato. I prodotti di sintesi dell’agricoltura a lotta integrata sono pericolosi anche per la salute umana. 

Non per questo i due metodi dividono i contadini in santi ed antieroi. Ciascuno cerca la propria fetta di mercato e persegue il bene del proprio prossimo e dell’ambiente (al netto di qualche operatore “mela-marcia” che fa più rumore da solo che unito esercito che lavora per il bene del trentino). 

 

Al consumatore va garantita la libertà di scelta. All’imprenditore agricolo di operare secondo il proprio credo. Ed anche in Trentino – sono convinto – tutto questo è ancora possibile.