Nessuno può chiamarsi fuori.

Da Michele Dallapiccola

Il 30 aprile 1975 terminava ufficialmente la guerra del Vietnam. L’America e i suoi alleati lasciavano l’Indocina in preda a morte e distruzione, 

Cercare analogie con la situazione di oggi in Afghanistan però è troppo azzardato. Anche se alcuni elementi portano a pensare anche ad allora, seppur in maniera piuttosto asimmetrica.

 

Del resto, la conoscenza completa di questi fatti lontani, è bagaglio culturale troppo poco diffuso. Troppo lontani quelli del 1975. Ma oggi, nell’epoca del web e della rete che corre, tutte le info sono più veloci ma soprattutto più vicine

Le immagini corrono, i reporter inviano news in tempo reale e gli smartphone inchiodano la tragedia catturando fugacemente drammatiche immagini.

 

Oggi mi ha colpito un video che riporta il quotidiano Il Dolomiti. Racconta di persone che cadono da un aereo in partenza. Quale disperazione può spingere un essere umano a cercare di sfuggire alla morte con la pressoché totale certezza che la morte la troverà comunque. A QUESTO LINK IL TRAGICO VIDEO

 

In Afghanistan tutto è successo in fretta. E dura da troppo tempo.

E’ un conflitto partito dal lontano una guerra nella guerra, un continuo combattere dalla fine degli anni 70 ad oggi. Per vari motivi. 

Il giorno di Ferragosto del 2021 i talebani sono ri-entrati a Kabul. Questo rimarrà sui libri di storia ma pochi sapranno davvero bene il perchè preciso. Eppure tutti, ma dico tutti noi, percepiamo che si tratta di un dramma planetario. Di un dramma per il quale dovremmo fare qualcosa. Sebbene non si capisca cosa. 

 

Di certo, possiamo – anzi dobbiamo – parlarne, il più possibile! Affinché la consapevolezza collettiva prenda atto di questo dramma, affinché la solidarietà internazionale possa fare qualcosa, se mai sarà possibile. Ciascuno per il proprio ruolo.

 

I sindaci di Trento e Rovereto, nella loro microscopica dimensione rispetto al conflitto, ad esempio, affermano una grande cosa. Al bisogno, la Città farà la sua parte, saprà accogliere.

 

Il contraltare? Quello della politica che tace, specialmente quella che occupa ruoli di governo e di amministrazione.