Agricoltura biologica o a lotta integrata? Nessuna delle due, piuttosto: sostenibile!

Da Michele Dallapiccola

La salute innanzitutto! Che sia fondamentale cercare questo stato fisico e mentale per ciascuno di noi è un dato di fatto. Esiste fin quando non viene sostituita dai disturbi fisici, psichici quando non peggio dalla malattia.

Prevenzione, dunque, e attenzione al modo di vivere. A come ci comportiamo, alle nostre abitudini di vita e a quello che mangiamo. E di fronte a questo, la politica non può abdicare al propro compito di proposta. Come quella diffondere il metodo biologico nell’agricoltura trentina. Fatto, che di per sé potrebbe sembrare estremamente positivo per il fine ideale che si prefiggerebbe, non esistessero alcune considerazioni di contesto che sono ineludibili. Vediamole insieme.

Ci nutriamo pressoché esclusivamente di prodotti di origine vegetale o animale. Ad eccezione degli integratori e dei farmaci, sono infatti davvero pochissime le sostanze di sintesi chimica che fanno parte del nostro piatto. Ecco perché regolamentare l’utilizzo delle sostanze esogene nelle produzioni animali e vegetali qualifica le produzioni della nostra Terra. Agisce in senso positivo sulla nostra salute. Ma a questo punto da qui parte una mia considerazione critica. Siamo davvero convinti che il miglior metodo per avere produzioni salubri per l’uomo e l’ambiente dove vive sia quello di coltivare la sua terra esclusivamente attraverso il metodo biologico?

Biologico e a lotta integrata, due metodi a confronto

Per poter rispondere correttamente è necessario ampliare l’orizzonte di veduta prendendo in considerazione anche al luogo dove viene applicato. Ne abbiamo parlato molte volte. Il metodo biologico non è egualmente performante in ogni luogo e in ogni dove. Sulle malattie fungine e/o micotiche, ad esempio i raggi UVA e l’assenza di umidità sono formidabili contrasti naturali. Azzerano l’esigenza di utilizzare farmaci. Le nostre latitudini, non vanno d’accordo con questo stato di cose perché il clima umido e temperato ne favorisce la diffusione. Avviene in maniera così massiva da richiedere l’utilizzo di elevate dosi farmaci di sintesi o “naturali”.

Ci sono poi vere e proprie epidemie di insetti ed artropodi di vario genere contro i quali purtroppo c’è poco da fare. Nel biologico sono ammessi solo certi tipi di prodotto. Prevalentemente di origine naturale. Benché questo non significhi non tossico e non nocivo per nessuno, di veramente efficaci per alcuni di questi parassiti, non ce ne sono. Questo, al punto che talvolta è necessario ricorrere allo strumento della deroga per farmaci utilizzati nel regime di lotta integrata.

Questi esempi cercano di spiegare che qualora si finisse per coltivare con metodo biologico l’intera superficie agricola utile (SAU) provinciale, probabilmente si finirebbe per caricare l’ambiente di enormi quantità di sostanze chimiche che per quanto naturali e non di sintesi poco avrebbero a che fare col nostro ambiente. Tonnellate di rame colorerebbero di azzurre sfumature le nostre campagne e i miasmi dello zolfo, farebbero assomigliare le vaste piane viticole ad una zona delle solfatare di Sicilia. Arriveremo a determinare serie preoccupazioni per i nostri corpi idrici e per il nostro paesaggio.

Il sistema di lotta integrata sceglie il miglior principio attivo chimico fisico e biologico capace di impattare nel minor grado su uomo ed ambiente e nel massimo grado sull’agente eziologico bersaglio. Ma nemmeno questo rappresenta la famosa quadratura del cerchio. In caso di monocoltura estensiva, infatti, può rappresentare un problema.

Un nuovo approccio è necessario: la sostenibilità

È dalle due condizioni descritte sopra che nasce l’esigenza di adottare il concetto di sostenibilità.Termine sulla bocca di tutti, facile da pronunciare, molto più difficile da mettere in atto.

Significa per sempre e per tutti.

Significa permettere all’uomo di lavorare fino al punto in cui questa persona non comprometta la risorsa alla quale si sta dedicando con il suo lavoro.

E condividendo questo ragionamento ben si comprende che per avere una buona qualità di vita non possiamo fermarci semplicemente all’interazione dell’uomo sul proprio ambiente esclusivamente attraverso l’agricoltura.

Certo, da qualche parte bisognerà pur cominciare. Il benaltrismo va rifiutato e piuttosto valorizzato in una controproposta.

Facciamo un distretto del Trentino sostenibile?

Anche in agricoltura il concetto di sostenibilità supera quello di biologico. Ne riprende alcuni tratti fondamentali e li valorizza insieme a quelli migliori del sistema di lotta di integrata.

Tecnologia e modernità possono sopperire ai limiti di una filosofia di fondo. Il principio deve essere l’impegno a inserire la minor quantità di elementi chimici fisici e biologici esterni all’ambiente locale.Ma questa sostenibilità va cercata non solo in quello che mangiamo ma anche in ciò che respiriamo e col quale entriamo in contatto fisico.

Qualità dell’aria, traffico, mobilità, qualità sostanze che utilizzano l’artigianato e l’industria. Insomma quello di prendere solo il buono della chimica e della sintesi. È difficilissimo ma è possibile. È un percorso in fieri dove ciascuno deve metterci del proprio. L’approccio deve essere generale e non rivolto solo ad alcuni elementi, quelli che fanno comodo o paura.

Altrimenti si rifuta la realtà a fette come fanno i novax in questo momento. Per loro Pasteur è esistito invano. Invece, viva Pasteur.