Malghe e contributi europei. Un valore che cresce tra tanti pro e contro

Da Michele Dallapiccola

C’è un romanticismo diffuso dietro alla vita di malga e alle attività d’alpeggio. E questo perché a parlarne, di solito, è chi non la deve vivere, praticare o lavorarci.

Gestire bestiame in montagna è un affare molto faticoso. Al limite del disumano rispetto ai ritmi ai quali ci ha abituato questa società del benessere. Come se non bastasse, rispetto alla moderna competitività d’impresa, la fatica è sempre stata accompagnata da scarsa remuneratività. Forse anche per questo la politica agricola comunitaria ha deciso di ricomprendere le attività di pascolo in montagna negli interventi soggetti a sostegno pubblico. Li ritengo giusti, perché attivati grazie a strumenti finanziari messi a disposizione della collettività. E qui arrivano i dolori.

Dove girano soldi gira invidia. 

E mediocrità. In Trentino la “domanda unica” vale quasi 20 milioni di €. Si chiamano anche Pagamenti Diretti perché arrivano direttamente da Bruxelles. Vale a dire sono a disposizione di chi li chiede. Le regole per ottenerli sono quelle che gli Stati membri ratificano e sulle quali possono intervenire assai poco. Gli Enti locali, (comuni, provincie e Regioni) invece, in quanto proprietari possono agire sulle regole di affitto e di assegnazione dei terreni. 

Proprio perché c’è un dedalo di regole e di impegni da mantenere, queste attività di gestione dei pascoli non sono di facile comprensione e tantomeno praticabilità. Di certo imprenditori agricoli e CAA, dovrebbero averle sulle punte delle dita. E i contadini trentini beneficiarne in maniera trasversale. Dovrebbe esser così ma il condizionale è d’obbligo. Perché tra le imprese, invece, c’è chi tergiversa, chi aspetta, chi non si muove e chi invece si da tanto fare. Troppo. 

A contraltare, va precisato che l’affitto delle proprietà è governato sì, da leggi di mercato, ma non solo. Proprietà collettive e comuni infatti, possono avere forte potere di indirizzo. Attraverso le regole d’appalto dell’offerta economicamente più vantaggiosa, possono dettare regole su chi e su come vadano gestite le sue proprietà. 

Per questo motivo, a mio modo di vedere, è difficilissimo pensare che la Corte dei Conti non avrebbe nulla da dire se tutto non fosse gestito nel massimo interesse della proprietà. Qualora si affiattassero le malghe ad un valore che non tenesse conto dei contributi che questo bene permette di introitare, l’organo di controllo dei conti pubblici potrebbe avere qualcosa da obiettare.

Malghe nuove, problemi nuovi?

Effettivamente, a tutti i grattacapi del del settore potrebbe aggiungersene uno nuovo. 

Questa giunta leghista ha ottenuto il permesso da Bruxelles di erogare aiuti anche per ristrutturare le malghe. Fatto che a noi era stato precluso. Ad un primo avviso, potrebbe sembrare un’occasione assolutamente positiva ed incontestabile.

C’è un però.

Chiedo, soprattutto a me stesso, coi tempi che corrono: un istituto d’alpeggio dopo che un comune ci avrà speso centinaia di migliaia di euro della collettività, potrà mantenere lo stesso canone d’affitto? 

Mi sa che anche chi grida alla mafia delle malghe farà bene a revisionare il proprio “Pacchetto Titoli”, soprattutto se si trova in una fattispecie come questa sopra.

Pare che la nuova PAC manterrà i premi pascolo ad un valore maggiore di quello storico attuale, almeno per il Trentino. 

Ai nostri allevatori, in senso generale potrebbero arrivare ancora più soldi. 

Dove finiranno? Come andranno gestiti gli affitti dei pascoli? Ho buone ragioni per credere che la corsa all’aumento dei prezzi delle malghe non sia ancora finita.