Le mele, il turismo e la società signorile di massa. Tre comparti in affanno, preda di un vitale bisogno di personale.

Da Michele Dallapiccola

E tre concetti all’apparenza sganciati ma che in effetti hanno un nesso comune. Il bisogno di lavoratori che si adattino anche a compiti umili.

Ne ha bisogno il settore dell’ortofrutta per la raccolta, ne ha bisogno il turismo per i lavori di servizio alla ricettività, ne ha bisogno l’opulenta società occidentale anche trentina. Per il lavori di più operativi, quelli che hanno bisogno di minor scolarizzazione. Dal badantato ai lavori manuali ad esempio nell’artigianato.

Quest’anno, Covid e – pare – Reddito di cittadinanza hanno deviato il mercato al punto che il problema si è presentato in tutta la sua drammaticità. Ma non illudiamoci, non si esaurirà con la fine della pandemia perché è un male cronico instaurato tanto tempo fa. Parte da lontano e si presenta con un’onda lunga. Trovare soluzioni sembra molto più difficile che individuare le cause. Descritte di origine diversa a seconda di quale sia la professione dalla quale partono le analisi e le conclusioni

Una visione che cambia a seconda del punto di vista

Si scervellano i sociologi a spiegare i motivi di questo stato di cose. Come tenta di fare Luca Ricolfi, nel suo best seller “La società signorile di massa”. Ci spiega che la società è cambiata, che ci siamo disabituati ai lavori umili e che il benessere comporta il rifiuto della fatica. E mi unisco anch’io al coro di chi invita a gestire con attenzione i fenomeni di immigrazione. E come dar loro del torto? Va evitato di fare d’ogni erba un fascio. Alcune mele marce che ne approfittano della solidarietà sociale non possono infatti inquinare la dignità e la reputazione che un esercito di stranieri si sono costruiti con il loro onesto lavoro anche in Trentino. 

Anche gli economisti provano a dir la loro. Chiedono formazione, cultura del lavoro. Spiegano della dignità di essere cameriere o semplice operaio. Come in effetti è!

Le parti sociali chiedono legalità e retribuzione. Una paga commisurata ai compiti umili dei quali la società, lo abbiamo capito, non può fare a meno. 

E infine la politica. Ci ha sbattuto il muso – come si suol dire – la lega dei primi mesi al governo del Trentino. Pensava di liquidare tutto convocando al lavoro gli “scaldadivani”. Pensava di aver trovato l’uovo di colombo. Oggi franata sotto questo approccio banale e semplicistico. 

La soluzione purtroppo è lontana a venire.

E non sarà questa lega con questo approccio a risolvere il problema. Il metodo deve essere multidisciplinare. Dialogando con Roma, col governo per gestire flussi migratori e burocrazia a dir poco angosciante. E poi tenendo conto di tutte le variabili citate sopra con un’amministrazione provinciale che sappia fare sintesi. Anche riformando l’intero comparto delle politiche del lavoro. Ma operare in tal senso, si sa, é poco remunerativo dal punto di vista del consenso elettorale e molto più impegnativo del plateale dichiarare alla stampa che il tempo degli “scaldadivani” è finto. Peccato che nelle cucine degli hotel quest’estate se ne siano visti pochi. E anche nei campi, a raccogliere mele in questo periodo, pare se ne siano presentati davvero pochi.

Speriamo si tratti solo di una fase transitoria.

Sta per iniziare la raccolta delle mele e sarebbe davvero un peccato se anche in questo settore si replicasse lo stato di cose che si è verificato nel comparto turistico in questa scorsa estate ormai agli sgoccioli.