L’agricoltura: una materia che andrebbe raccontata con passione.

Da Michele Dallapiccola

Invece, è piena, intrisa di convinzioni anziché conoscenza, quando non di preoccupazioni o peggio ancora, di diffidenza.

Intanto all’indomani di domenica 26 settembre si sono commentati i risultati del referendum provinciale propositivo sull’agricoltura biologica. Tra polemiche e “ve l’avevo detto”, c’è indubbiamente un grosso rammarico più che concreto. Come più volte raccontato e tutto da verificare, pare sia andato in fumo più di un milione e mezzo di euro dei trentini (il costo del voto referendario, rimasto senza effetto per mancanza del quorum minimo di partecipazione).


Eppure, di meriti, il referendum sui distretti bio, ne ha avuti.

Ha portato l’argomento agricoltura alla ribalta della cronaca. Poco? Sempre meno del niente del quale se ne parla di solito. E’ forte infatti l’impressione tra gli addetti al settore, che l’agricoltura sia avvertita dalla società civile, come una materia oscura. Comunque lontana dalla sua effettiva realtà.


Quanto ne sappiamo oggi di come vive un contadino, di quali sono le sue abitudini? Come si comporta con l’ambiente, con se stesso e con il proprio prossimo? Fino alla fine degli anni ‘60, la popolazione impegnata in agricoltura superava di gran lunga la metà della popolazione totale. Oggi non arriva nemmeno al 3%.


Questo stato di cose ha determinato una condizione di estrema diffidenza e soprattutto disagio nella convivenza stretta con il mondo contadino. Che si presenta con un abito che piace solo quando rimane sulla carta patinata, nei libri delle poesie o nella migliore delle ipotesi raccontato in qualche convegno. Ma quando il vicino di casa è un agricoltore, che magari si dedica pure al suo campo di viti o di mele in prossimità della propria abitazione, diventa qualcosa di diverso molto diverso.


Negli anni la politica ha cercato di farsi carico della responsabilità di promuovere i valori della nuova agricoltura. Quella di montagna ha sperato almeno per un attimo di vedere nuovamente un po’ di luce. Gli Stati Generali e le passerelle che hanno caratterizzato quei palchi però, erano gravate da troppe cariche istituzionali. Sotto alle quali si sono sfasciate. In pratica, questo governo leghista a mio vedere finora ha più parlato che fatto.


Voglio lanciare una proposta.

Considerate le grandi opportunità che l’era digitale ci permette, penso che social e altre piattaforme attraverso il web, potrebbero aiutarci a raggiungere un gran numero di persone. Credo che la Fondazione Mach in primis potrebbe essere un motore formidabile per far conoscere diffusamente i meravigliosi contenuti scientifici sviluppati in decenni di
investimenti dentro al prezioso monastero di San Michele all’Adige. La regia di questa operazione spetterebbe al governo provinciale. E’ evidente che non può limitarsi ai consueti annunci roboanti di quando si aprono i bandi di finanziamento del settore, alimentati peraltro con fondi europei.


L’agricoltura, invece, lo dico sempre, se raccontata col cuore può diventare patrimonio di tutti i Trentini. Io continuo a crederci.