Costalta, il dosso delle riflessioni.

Da Michele Dallapiccola

E’ un poggio particolare quello di Costalta. Una camminata facile facile, per una domenica pomeriggio di mezzo autunno. Non arriva ai 2000 metri per un soffio questo isolato promontorio. Manifesta però una grande peculiarità: una sorta di terrazza posta quasi nel cuore del Trentino. A 360° si arrivano ad osservare catene montuose fino a 100 km di distanza.

Alla fine, però, l’occhio cade sempre sul fondovalle. A quel punto si scrutano i paesi, le infrastrutture più importanti e le loro caratteristiche. Ad ovest della sommità si estende l’Altopiano di Pinè. Con una figura geometrica che spicca tra tutte. L’ovale del Ghiaccio. E il pensiero va a tutto il ribaltone che in pochissimo tempo dovrà stravolgere l’amena località. Basta poco per concentrarsi che subito la memoria recupera il vuoto sui media. Sia dal livello politico che ancor meno da quello del dibattito pubblico.


Del resto la Comunità dei Due Laghi è da sempre stata afflitta da forze contrastanti tra loro. Quanto sia stata favorita o piuttosto ostacolata dalla vicinanza alla Città di Trento è difficile capirlo. E’ forse questa la principale motivazione che ha lasciato la responsabilità di innovare in mano soltanto a pochi coraggiosi privati. Troppo poco: per vincere la comunità avrebbe dovuto reagire all’unisono. E lo dico con tutta la responsabilità che deve prendersi un ex assessore al Turismo della Provincia. Troppe forze, troppe opinioni tutte a tirare in direzione diversa. Chissà che l’occasione di una nuova APT sia l’occasione per recuperare lo spirito perduto? 


Di sicuro c’è una partenza stentata. Del resto, la riforma della promozione turistica a matrice leghista, qui più che in altri luoghi è caduta come una mannaia su un ceppo. L’impressione generale è che lo sforzo straordinario, alla fine, si chiederà soltanto agli operatori privati. Con la Provincia, povera di idee, che oggi opera accondiscendente ad un sogno di un amministratore locale del passato. E’ una sorta di scorciatoia che in una prima fase sembrava aver adottato acriticamente anche la lega provinciale.

Si chiama copertura integrale dell’ovale olimpico.


Peccato che per realizzarla, pare proprio che i fondi non ci siano, né a livello locale né a quello nazionale. Ed il problema si aggrava quando si prova a chiedere a chiunque abbia un minimo di ruolo dentro alla catena delle decisioni. Quale sarebbe un eventuale piano B per la località. Proviamoci di nuovo insieme, proviamo a porci di nuovo la solita domanda!


Qual è il progetto/visione per la Pinè turistica del futuro? 

Ci sono fondi disponibili? Per realizzare cosa? E i tempi per spenderli? Adesso pare che per adattare lo Stadio del Ghiaccio ai dettami dei Cinque Anelli, con o senza copertura integrale, si possa pensare ad un sistema di finanza di progetto coinvolgendo dei privati per provare ad accorciare i tempi. 


Se si pensa che gli unici esempi in Provincia fin qui utilizzati sono stati quelli per il NOT e il teorico costruendo Ospedale di Cavalese, temo forse che i pattinatori di Pinè dovranno armarsi di santa pazienza. 


Nel frattempo, dalla sommità di questo dosso ci si guarda intorno. La natura selvaggia sembra quasi urlare da tanto è forte il suo richiamo. Quanto potrebbe offrire sul piano del trekking e dell’outdoor lento od estremo? Un po’ ‘come è riuscita a fare Arco, ad esempio con il settore dell’arrampicata. O la Val di Rabbi con un ponte tibetano. Certo ci vorrebbero manifestazioni a tema, “great competitions”, marketing. Adattare la località insomma come si è provato a fare forse fin troppo timidamente per il ghiaccio in una Comunità dove pure gli atleti ed il volontariato non mancano. Ma poi, sono sufficienti i posti letto? E la ricettività enogastronomica, culturale di relax “after hours”?


Forse, dico forse e sommessamente se degli ipotizzati (30, 40?) milioni di € fosse data garanzia all’Altopiano; se si pensasse che la località li merita nel migliore dei piani di investimento, le cose potrebbero assumere altro aspetto. Si potrebbe dunque pensare ad una rivisitazione minimale della struttura – che pure supererebbe di lunghezza i 10 milioni € – col resto della cifra dedicato allo sviluppo turistico della località, per attivare una sorta di Patto Territoriale 2.0. 


Ma forse dall’alto di questa cima sogno troppo.