Prima i trentini, prima gli italiani? Senza dubbio.

Da Michele Dallapiccola

Ma chi farà i lavori umili in questa nostra società signorile di massa, ora che c’è crisi nel mercato del lavoro?

L’azzeccata definizione di “Società signorile di massa” è del sociologo Luca Ricolfi nel suo famosissimo best seller. Ci racconta alcune considerazioni relative all’attuale società dove il benessere ha allontanato le persone dall’accettare di svolgere anche i lavori più umili. Giusto o sbagliato non sta a me giudicare. Certo un fatto va evidenziato. 

Egoismo ed individualismo si sono sommati alla miopia di chi non voleva vedere quanto fossero importanti gli stranieri per il nostro tessuto sociale e lavorativo. Il risultato? I lavori umili in Italia non li vuole fare più nessuno. Al nostro posto lavorano o meglio lavoravano gli stranieri. E adesso?

Cos’è successo?

Le cose cominciano a non andar benissimo nemmeno in Trentino. A scatenare questa riflessione una serie di preoccupazioni, espresse dai vari rappresentanti di categoria. Sono culminate ieri in un titolo di giornale che riguarda l’appello del direttore di Confindustria Fausto Manzana. Nel pezzo, invoca l’arrivo di nuovi immigrati come forza di manovalanza a sostegno del PIL trentino.

In effetti, che i lavoratori stranieri n particolarmente dei lavori più umili, è da anni sotto gli occhi di tutti. C’è poi un’interessante studio pubblicato qualche anno fa da quotidiano L’Adige che riporto integralmente in calce ed invito tutti a leggere che riguarda proprio la situazione generale ante crisi.


Il senso del testo di Ricolfi è proprio questo: il benessere di questa nostra società ci ha portato alla condizione che quei lavori lì non li vuole fare più nessuno.

A chi non è capitato che:

  • se ho bisogno di assistenza sanitaria, chi si occupa di fare la badante?

  • se sono un agricoltore, chi mi aiuta a raccogliere le mele?
  • se sono un allevatore, chi assumo per mungere le mie vacche, se non ce la faccio da solo?
  • se sono un albergatore, chi si occuperà di rifare le camere ed aiutare in cucina?
  • se sono un artigiano edile, o ho una piccola attività con dei dipendenti, chi verrà a lavorare per me come operaio specie se mi servono mansioni di base?

E se sono un pastore che alleva alcune delle 30 mila pecore del Trentino, a chi venderò i 15mila agnelli che produciamo se non ai musulmani? Posto che sono rimasti gli unici oramai a consumare carne ovina?

I fattori di una crisi

Questo sopra è uno spaccato dell’attuale società, conosciuto da tempo. E’ marcatamente emerso a causa di uno dei tanti aspetti negativi provocati dalla pandemia.

 

La chiusura delle frontiere e la riduzione delle possibilità di transito internazionale di queste persone è stato il fattore scatenante. In misura minore purtuttavia innegabile almeno nella percezione collettiva anche il reddito di cittadinanza cosi come configurato nei suoi momenti iniziali.

Ma ce ne sono altri. Innanzitutto la difficile accettazione sociale del diverso. Con una reputazione negativa alimentata dagli spacciatori e dai delinquenti che sono presenti anche nella loro compagine. E’ pur vero che non mancano nemmeno tra i nostri connazionali ma le paure innestate sugli stranieri prendono fuoco meglio e più in fretta. E’ un dato di fatto. 

Poi c’è una cattiva gestione dei rifugiati. In minima parte poteva almeno lenire il problema. Invece specie a livello locale si è più distrutto che costruito. Pensate alla vicenda dell’accentramento alla residenza Fersina e alle successive vicende ulteriormente negative. Insomma chi ha governato il Trentino negli anni della pandemia, ha costruito un quadro desolante dove chiunque faccia impresa in Trentino e abbia bisogno di una delle fattispecie di cui sopra, si trova letteralmente in uno stato di disperazione. 

Per questo, ben si capisce che tutta la farsa del “prima gli italiani, prima i trentini” vale solo se  la società sa essere inclusiva e premiare chi si comporta bene e ha voglia di lavorare. Non è certo di fare di ogni erba un fascio scimmiottando Salvini, senza fare altro, che la gente straniera arriva a lavorare qui a sostenere la prosperità locale. 

A far così, un po’ alla volta il Trentino si è segato il ramo sul quale era seduto. 

Da L’Adige d.d. 23-10-’18

I lavoratori stranieri sono in Trentino poco più di 20 mila, le imprese con titolare straniero 3.300. Gli immigrati che lavorano come dipendenti o come autonomi producono oltre 1 miliardo 500 milioni di euro di prodotto interno lordo (Pil).

 

Da loro arrivano circa 220 milioni di euro di tasse e contributi, di cui 85 milioni di Irpef e 135 milioni di contributi previdenziali.

L’apporto degli stranieri alla ricchezza del Trentino è però in calo, in primo luogo perché sta diminuendo l’occupazione dipendente. Molti vanno via in cerca di condizioni migliori, magari in altri Paesi europei. Una parte degli immigrati ha risposto alla crisi mettendosi in proprio e avviando piccole imprese, soprattutto nell’edilizia e nel commercio (vedi a fianco). Ma ora anche quel canale è in frenata. Qualche segnale di ripresa, precaria come per tutti, arriva tuttavia dai primi mesi del 2018.

 

Il quadro aggiornato dell’impatto economico dell’immigrazione in Italia è stato fatto dalla Fondazione Leone Moressa di Mestre, partner della Cgia, il Centro studi degli artigiani, che si basa sui dati su reddito e imposte del 2016 dichiarati nel 2017. I 2,4 milioni di occupati immigrati in Italia hanno prodotto 130 miliardi di valore aggiunto, l’8,9% del Pil. Il contributo economico degli stranieri si traduce in 11,5 miliardi di contributi previdenziali, in 7,2 miliardi di Irpef versata, in oltre 570 mila imprese straniere.

 

In Trentino Alto Adige si trova l’1,8% degli occupati stranieri totali, che producono 3,3 miliardi di Pil, pari al 2,5% dei 130,9 miliardi prodotti dagli immigrati in Italia e al 9,2% del Pil regionale. In Trentino, in particolare, gli occupati stranieri sono 20.400. In base alla proporzione sul totale regionale, i lavoratori immigrati producono in provincia di Trento circa 1.550 milioni, il 9% del Pil provinciale, e versano, come detto sopra, 220 milioni di imposte e contributi.

 

Ma gli occupati stranieri, tra cui si contano 11.300 uomini e 9.200 donne, sono in calo del 5,5% sull’anno precedente. La contrazione occupazionale è confermata nel 2017 dall’andamento delle assunzioni delle imprese, rilevato dall’Agenzia del Lavoro: le chiamate di stranieri scendono del 10,6%, anche per la forte riduzione dei raccoglitori in agricoltura a seguito dei danni meteo. Risultano in calo pure i disoccupati, circa 4.000, sia perché c’è chi va via, sia perché, nota l’ultimo rapporto sull’immigrazione di Provincia e Cinformi, c’è un effetto scoraggiamento sulle donne, le più colpite dalla perdita del lavoro.

 

Qualche segnale in controtendenza si osserva nei primi cinque mesi di quest’anno, quando le assunzioni di stranieri sono ripartite col +9,3%.