Contributi per la viticoltura. Dentro ad un apparentemente innocuo provvedimento, il disagio di un metodo profondamente sbagliato di assegnare i (pochi) fondi disponibili.

Da Michele Dallapiccola

Il compito di un consigliere di controllo/opposizione è spesso piuttosto ingrato. Costringe a mettere fin troppo spesso in evidenza gli aspetti negativi dei vari provvedimenti della maggioranza. Lenisce, l’ingrato esercizio, l’accompagnare la denuncia degli aspetti negativi con proposte o consigli. 

Se è vero che la lingua batte dove il dente duole, in amministrazione il punto cagionevole è individuabile nell’elargizione dei contributi o nell’indirizzo dei finanziamenti. Per questo motivo abbiamo  spesso apostrofato l’attuale governo provinciale come privo di capacità di visione e approccio complessivo allo sviluppo. Dopo decenni di opposizione, evidentemente si ritrova al potere partendo da una preparazione amministrativa limitata e finendo dunque per correre rischi elevatissimi. Il peggiore riguarda l’utilizzo dell’assegnazione dei contributi perseguendo logiche di voto o anche semplicemente di soddisfazione di richieste in forma spot.

Prendiamo l’esempio del campo agricolo. E’ ancora caldo lo scalpore che avevano procurato gli oltre due milioni di Euro investiti nei carri raccolta mele. Eppure nell’ambito della stessa melicoltura che pure non soffre del suo peggior periodo, sarebbero stati molti altri gli ambiti dove intervenire in maniera più razionale. 

La logica del contributo spot prosegue. 

Qualche tempo fa in campo enologico, abbiamo assistito all’attivazione di un bando che assegna contributi per l’acquisto di nuove barrique. E’ un provvedimento che è passato piuttosto inosservato nonostante, per chi amministra, un’azione del genere gridi vendetta.

Si tratta infatti di materiale che tradizionalmente viene finanziato sui canali garantiti dai fondi OCM o del PSR. Attivare un altro, nuovo, terzo canale comporta ulteriore inutile lavoro per gli uffici e sovrapposizione burocratica non necessaria. Per gli addetti ai settori il senso di questa operazione tuttavia è chiaro. Anziché affidarsi a una distribuzione automatica e dunque anonima della contribuzione, l’attivazione da parte della politica di uno specifico bando individua più facilmente nome e cognome a chi abbia messo a disposizione i fondi, soprattutto da parte di chi li abbia richiesti. 

Si tratta insomma, con ogni evidenza, di un provvedimento dall’aroma clientelare che per giunta sovraccarica di inutile lavoro gli uffici provinciali, disorientando infine l’ignaro utente finale. Un metodo, piuttosto diffuso che oggi abbiamo esemplificato in questo, tra i tanti episodi.