ALTRO GUAIO PER GLI ALLEVATORI: LA “DIRETTIVA NITRATI”. E STAVOLTA C’ENTRA LA PROVINCIA.

Da Michele Dallapiccola

In questa scorsa settimana ha suscitato molto scalpore l’allarme lanciato dagli allevatori riguardo alle difficoltà del settore.

La loro denuncia pubblica si è focalizzata essenzialmente all’aumento dei costi delle materie prime. Purtroppo si tratta di misfatti che non dipendono direttamente dalla Provincia autonoma di Trento e sui quali eventualmente il governo provinciale e l’autonomia possono agire in maniera indiretta. Ci sarebbero tuttavia molte contromisure che si potrebbero mettere in atto per mantenere il prezzo del latte su livelli accettabili. E noi la nostra parte l’abbiamo fatta. Sono molti infatti gli ulteriori suggerimenti rispetto alle poche cose che la Provincia ha dichiarato d’aver messo in campo a favore del settore. 

Ad esempio, viene parossisticamente citato che l’indennità compensativa è stata portata al 100% della sua copertura. La mossa vale un milione di €. Come se i problemi si potessero sistemare con queste piccole mance e con un così assente impegno. 

Su ben altro, specie nella commercializzazione e su ulteriori premi si potrebbe agire, almeno fino a giugno, fino a quando, per ora, pare verrà mantenuta la deroga al precedente de minimis. 

Un nuovo pericolo all’orizzonte della zootecnia.

Nessuno finora l’ha citata. Eppure è incredibile. La peggiore delle tegole che potrebbero arrivare ora sulla testa dei nostri allevatori la sta per lanciare proprio la Provincia stessa. Qualora non venisse affrontata senza il pragmatismo necessario, sarebbe una vera e propria rovina per le attività di allevamento. Stiamo parlando dell’adeguamento trentino delle regole dello spandimento dei reflui zootecnici alla direttiva nitrati europea. 

Non è difficile pensare che molti di noi almeno una volta nella vita non siano stati interessati da uno spiacevole episodio diretto o raccontato di mala gestione delle deiezioni da stalla. Questo può succedere perché disonesti o scorretti ce ne sono in ogni categoria.

Ma ciò non giustifica le penalizzazioni -gravi – per un’intera categoria. Riflettiamoci un attimo, proviamo a stabilire la dimensione del problema attraverso un confronto. 

 

La tecnologia sempre più avanzata di spandimento


Osserviamo un esempio. 

Vicino a noi abbiamo un territorio assai simile al nostro: l’Alto Adige. Non si può certo dire che la zootecnia, lassù, sia gestita male. O che il marketing sul latte sia portato avanti con la stessa forza di qui. Apposta cito, con un certa ammirazione, il caso Mila per i latticini tutti e le latterie di Vipiteno per lo Yogurt. Ebbene, lassù ci sono circa 120mila vacche, da noi, 45mila. Le loro vacche pascolano circa 120mila ettari, le nostre 90mila. A prato e a mais, i cugini a nord, coltivano 45mila ettari, noi circa 20mila. Avete inteso? li avete fatti due conti? 

Rispetto al Trentino, in Alto Adige c’è solo il 50% di superficie coltivata in più ma il territorio ospita tranquillamente il 300% di animali in più. E a questo punto vi chiedo, vi sembra inquinato il Sudtirolo? 

Questo semplice esempio dimostra che da noi più che di restrizioni ci sarebbe bisogno di espansione. Così forse i 20mila ettari coltivati a vite e mela potrebbero usare soltanto letame trentino. Invece oggi il paradosso di avere poche vacche comporta che importiamo letame dal Veneto quando peggio non costringiamo i nostri frutticoltori a comprare concime chimico per i nostri terreni coltivati. 

 

L’ottima soluzione degli impianti di biogas


E all’assessora alla zootecnia e a quell’assessore all’ambiente (che degli allevatori è stato dipendente una vita) una domanda va fatta: è forse questo il momento di attivare nuove restrizioni ed ulteriori divieti per le stalle? E a tutto il resto della Giunta, quella dei concertoni, gli allevatori dovrebbero ricordare ancora che di problemi ne hanno più che a sufficienza. Di nuove restrizioni ed orpelli amministrativi, rispetto a quelli che già presenti, non ce n’è davvero bisogno.