Benessere animale. Traguardo imprescindibile per la zootecnia 4.0

Da Michele Dallapiccola

Ho iniziato il lavoro di veterinario con le vacche, nei primi anni 90. La zootecnia trentina aveva già cominciato a franare.

A partire dagli anni 80, l’abbandono delle valli, i piani mastite, la cultura dei boomers che preferiva altri lavori e l’incipiente globalizzazione avevano mietuto vittime tra le partite Iva zootecniche come il colera tra gli uomini. Eppure, fino alla fine dei primi anni duemila erano ancora tantissime quelle piccole stalle dove la percezione del benessere della vacca non esisteva. Nonostante produttivamente parlando, la vacca fosse poco sfruttata, quanto a spazio libertà di movimento e qualità di vita da riservarle si badava poco. Erano anni in cui la bovinicoltura procedeva con passi da gigante. A partire dalla genetica attraverso l’alimentazione fino alla gestione dell’animale. Tutto era spinto alla massima efficacia con lo sforzo più mirato.

Oggi le cose sono cambiate profondamente.

È risaputo che è solo la vacca che sta bene, quella che produce e vive più a lungo. Non per niente la stessa Politica Agricola Comunitaria premierà particolarmente chi saprà migliorare il benessere della propria mandria. Sarà il meccanismo degli Ecoschemi nei Pagamenti Diretti a stabilirlo. 

Certo, per farlo è necessario realizzare cuccette, lasciare libere le vacche, e gestire tutto con tecnologia, climatizzazione, controllo digitale degli animali ed analitico dell’alimentazione. In poche parole ci vogliono spazio ed investimenti, anche pesanti. Pensiamo solo ai passi da gigante nella gestione delle deiezioni attraverso il Biogas.

In tal modo, ad una marginalità bassa per sua natura si associano difficoltà logistiche e di contesto. Questo avviene perché per poter gestire strutture in grado di garantire felicità ai propri animali ci vogliono tanti, tantissimi soldi. Per garantire un volume d’affari adatto a permettere una marginalità accettabile ci vogliono i numeri.

Qual è la giusta dimensione di una stalla in Trentino: un atroce dilemma. 

Fino ad ora, fiumi di inchiostro hanno scritto che piccolo è bello e che piccolo fa buone cose: questo principio vale ancora? 

Possono prescindere le aziende zootecniche dal garantire ai nostri animali il massimo livello di benessere possibile con la libertà di movimento? 

Siamo in montagna e per fortuna sono già moltissime le realtà che riescono ad effettuare un periodo prolungato di pascolo e malga. E per le altre? Stabulazione libera dove possibile e tecnologia, sempre e comunque: ecco i punti cardinali. La stalla non è poesia ma è soprattutto professionalità. 

E per permettere alla zootecnia di sopravvivere, va individuata la giusta dimensione assieme alle più opportune modalità di valorizzazione della PAC.

Questo stato di cose porterà necessariamente ad avere una numerosità di capi diversa da zona a zona del Trentino. Ma non dimentichiamo una cosa: solo una dimensione aziendale consistente permette ai gestori di assumere dei dipendenti o viverci in più di una famiglia. Si tratta dell’unico modo per gravare i proprietari da qualche ora di lavoro.

Avere animali in molti, anzi ancora in troppi casi, significa impegno h24/gg 365! Inaccettabile se si vuole mantenere il passo.

La vita è una sola e di poterla vivere hanno diritto tutti.