Aiuto, la crisi! Un monito a cercare nuovi stili di vita?

Da Michele Dallapiccola

Noi, generazione nata negli anni sessanta, siamo figli di chi ha vissuto la guerra o la povertà del primissimo postbellico. Sono stati, quelli nostri, dei genitori che hanno vissuto l’epoca delle contraddizioni, dell’abuso del consumo di carne, dei detersivi, della chimica e del cemento. E come farne loro colpa? Fu piuttosto sviluppo: il mondo sembrava infinito, interminabile. 

Eppure insieme al desiderio di rivalsa nei confronti della povertà albergava in loro il ricordo della povertà e il senso della parsimonia.

Era la generazione che quando usciva da una stanza si ricordava ancora di spegnere la luce. 

Non fu solo sviluppo inconsapevole. Ampie sacche intellettuali sin dal primo dopoguerra cominciavano a maturare la consapevolezza che l’ambiente andava in qualche modo preservato. Bisognerà attendere la fine del boom economico per vedere il primo vero documento globale.

La “Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente umano” delle Nazioni Unite del 1972, che si tenne a Stoccolma, fu la prima importante conferenza indetta dall’ONU riguardo a tale questione e segnò l’inizio della cooperazione internazionale in politiche e strategie per lo sviluppo ambientale.

Da allora l’uomo non ha mai interrotto di interrogarsi sul futuro e sul destino del suo pianeta. L’ultima vera importante Road map politica descritta, è probabilmente l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile adottata il 25 settembre 2015. 91 paragrafi dove il più importante, il 59,  mette in evidenza i 17 obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile che in molti conosciamo.

Possono sembrare azioni politiche figlie di meccanismi connessi ad attività lontane dal nostro quotidiano. Azioni da compiere, i cui effetti ricadono sulle nostre vite in maniera marginale. Da tempo, non è più così.

Le reti hanno invaso il mondo: quelle di comunicazione, dei trasporti, del web, dell’energia. 

Tutto il mondo è uno.

Si rifletta ad esempio quanto ha inciso sulle nostre vite questo stato di globalizzazione attraverso una guerra che fino ad alcune decine di anni fa ci avrebbe toccato solo di striscio.

L’economia (almeno quella) del nord del mondo, sempre più una ed indivisibile, è nuda di fronte alle nuove sfide.

Non basterà pensare alla sostenibilità dei nostri progetti, non sarà più sufficiente contrarre i gas serra. Abbiam capito che pace e armonia tra i popoli sono elemento sostanziale degli obiettivi di un furto armonioso e sostenibile. E come ogni bene immateriale, come la salute ci accorgiamo della sua mancanza solo quando viene a mancare. 

Ecco perché ritengo che un partito moderno e una politica attenta debbano fare di questi argomenti proprio vessillo a spron battuto. 

Oggi, acceleriamo un po’ meno con la macchina solo perché c’è stata una guerra ed il carburante è alle stelle. 

Oggi pensiamo che la prossima macchina potremmo proprio comprarla ibrida solo perché il gasolio costa più della benzina. 

E’ troppo poco. Perché noi siamo quella generazione che uscendo della stanza, la luce invece ce la siamo dimenticata accesa; al contrario dei nostri genitori. E’ forse questo, il poco di utile che possiamo ricavare da questa immensa tragedia internazionale che è rappresentata dal conflitto russo-ucraino. 

Non siamo invulnerabili, non siamo invincibili. Basta un soffio per far cadere tante nostre certezze. Troppe.