Qual è la giusta dimensione di una stalla in Trentino?

Da Michele Dallapiccola

L’avvicinarsi dell’inizio della nuova programmazione finanziaria comunitaria (PAC) porta la politica provinciale a lanciarsi verso auspici ed indirizzi di vario genere.

Sul da farsi del futuro melicolo l’esecutivo provinciale sembra avere le idee piuttosto chiare. Molto probabilmente è merito degli ottimi suggeritori. Eppure informazioni e suggerimenti altrettanto validi giungono forti e chiari anche dal comparto zootecnico. Il loro destino non sembra però quello di venir ascoltati con la stessa attenzione. L’impressione che alla lega interessi poco o niente dell’allevamento è piuttosto consistente. Specie dopo i numerosi feedback raccolti durante le assemblee degli allevatori di Valle. 

L’esperienza di campo all’esecutivo non ne sarebbe mancata anche se ad onor del vero, va anche precisato, che il settore è molto difficile. La dimensione del comparto “latte” si trova per sua natura in cronica contrazione. 

Le molteplici cause di una crisi

Innanzitutto va segnalata la scarsa remuneratività di una produzione che si confronta con la concorrenza europea su una vera e propria commodities quale è il latte. 

Sono poi le peculiari condizioni di impegno alle quali è sottoposto chi oggi giorno ha deciso di vivere allevando mucche a dissuadere anche il più volenteroso dei giovani. 

La bovinicoltura da latte è un’attività esplicata in funzione delle condizioni orografiche, ambientali e naturalmente sociali all’interno delle quali vive l’allevatore Valli ampie dove la coltura del mais risulta piuttosto facile permetteranno una produzione di latte alimentare con costi di produzione e lavorazione molto più abbordabili rispetto a valli alpine anguste dove la stagione più breve permette esclusivamente la praticoltura. 

Insieme a questo stato di cose, laddove siano presenti nuclei familiari allargati formati da fratelli o dai genitori si verificano le migliori condizioni per poter gestire al meglio l’azienda. Infatti dove ci sono figure in grado di vicariare il titolare aziendale o affiancarlo nella gestione degli animali, le aziende possono diventare più strutturate. 

In estrema sintesi, e quasi semplicisticamente, dico che sono questi i motivi che determinano la dimensione di un’azienda zootecnica. 

La stalla ideale descritta sulla carta? Una favola da scuola elementare.

E infatti è abominevole che la politica, seduta ad un tavolo, pensi di scrivere su un foglio quale modello di stalla vuole vedere, partendo da un numero prefissato di animali. Quello può scriverlo sul libro delle favole ma nella zootecnia, specie trentina, no! Ogni situazione locale e aziendale deve permettersi la libertà di abbracciare il modello produttivo che le è più consono. 

Fatto, che deve tenere lontano la politica da un altro vizio: quello di suggerire la diversificazione del reddito aziendale. Se ho scelto di fare l’allevatore non devo, se non voglio, fare il ristoratore, il frutticoltore, il boscaiolo, il muratore. Chiederei a me stesso e alla mia famiglia ulteriore impegno e forza lavoro tornando alle condizioni del punto sopra. 

La politica deve mettere chiunque nelle migliori condizioni di gestire la stalla nelle dimensioni più adatte alla capacità lavorativa propria e del proprio nucleo familiare. 

Cosa può fare allora la politica.

Dritta al punto, alla politica non resta che agire intervenendo sul valore del latte e sulla compensazione dei costi. Anche a fianco delle legittime premialità PAC che riparano le difficoltà dei maggiori costi che la gente di montagna deve affrontare rispetto a quella di pianura. 

Si deve investire su chi contribuisce a gestire il nostro territorio coltivato. Il risultato è un paesaggio caratterizzato da ordine estetico che la Provincia di Trento rivende poi a scopo turistico. Così quando la PAT aiuta un contadino ottiene l’effetto di aiutare anche almeno altri dieci operatori del settore turismo. 

Immagino che i nostri affezionati lettori possano considerare ridondante il messaggio di questo scritto. Purtroppo, quanto fatto pervenire alla giunta leghista trentina da opposizione e allevatori relativamente a questi aspetti, dopo quasi quattro anni di governo non sembra aver ancora sortito particolari effetti. La giunta appare sorda.