TURISMO: non tutte le armonizzazioni riescono col buco!

Da Michele Dallapiccola

Si è appena chiusa una stagione all’insegna dell’ottimismo e della speranza per il turismo trentino.

Quantomeno dal punto di vista sanitario. I numeri fanno ben sperare che il Covid per grazia di varianti e vaccini si trasformi in qualcosa col quale poter convivere.  Ma se vogliamo osservare questo comparto economico neanche troppo in filigrana, le magagne che se ne intravedono, sono davvero preoccupanti.

Tre macro-criticità.

Innanzitutto la situazione socio-economica globale, il caro energia e il costo delle materie prime hanno bloccato almeno per un altro anno filato il contatore del progresso economico delle nostre aziende. Sui ristori: arrivati come manna dal cielo, rispetto ai danni da covid qualcosa avevano potuto. Ora però, è difficile pensare che la speculazione internazionale collegata al rincaro del gas e delle materie prime trovi adatta e analoga sostanza dentro un nuovo Recovery Plan. Quanto debito potranno contrarre ancora le nostre istituzioni?

Anche l’efficacia dei bandi Qualità Trentino risulta particolarmente inficiata dal caro materie prime. Pesa inoltre una sempre maggiore difficoltà a trovare disponibilità tra le aziende edili letteralmente affogate da “110” e altre amenità

La difficoltà ad intervenire da parte di Stato e Provincia, vanifica ogni speranza di poter ritoccare economicamente i contratti collettivi di lavoro.  Questo tipo di “upgrade” potrebbe risultare fortemente stimolante per chi confronta il lavoro da dipendente nel settore turismo con quello in altri campi. 

Sono sufficienti questi tre macro problemi a rendere il futuro delle nostre imprese turistiche particolarmente preoccupante? La politica locale è riuscita a fare in modo di no. 

Un Trentino a due velocità

E’ un dato di fatto, questo, particolarmente evidente a ridosso del momento di chiusura dei bilanci delle stazioni sciistiche. E’ discreta la soddisfazione che si è accompagnata alla partenza del turismo lacustre specie sul Garda dove si registra un autentico botto.

Il fatto è che il Trentino non è composto soltanto di spiagge e piste da sci.  Vi è un’articolata componente territoriale dove turismo culturale, di prossimità, esperienziale ed agroalimentare, costituiscono un tassello assai importante. Sono queste zone ad aver maggiormente sofferto i mali che si sono inanellati in queste stagioni. Sono queste le zone dove più si è accanita la volontà di riforma del governo provinciale. Un eufemismo le ha chiamate armonizzazioni. Come pillola indorata è stata presentata l’omologazione – si badi bene al rialzo – della tassa di soggiorno. Adesso, alcune zone piuttosto fragili dal punto di vista organizzativo interno, fanno fatica a trovare la propria identità.

Tra tutte cito l’Altopiano di Pinè a me tanto caro. Da sempre “montagna” di Trento, sicuro rifugio dal calore agostano dove i “siori” del boom economico italiano trovavano frescura. Oggi i pinetani si troveranno costretti a ripensare la propria offerta turistica forti di un sicuro e generoso riverbero dalla Val di Fiemme e di un “ovalone” del ghiaccio (forse!).

E che dire della diatriba che si sta consumando tra le Valli del Noce? Sapranno di certo gli imprenditori locali come definire al meglio gli asset per il loro futuro, non serve metterci becco. Ma davvero, in un periodo così critico, c’era bisogno di obbligare le persone ad investire il proprio tempo e le proprie riunioni a definire armonizzazioni che in fin dei conti non aveva proprio chiesto nessuno?