Pastorizia e qualità della montagna abitata: il Trentino può permettersi di farne a meno? 

Da Michele Dallapiccola

Sarà una deformazione professionale, la mia. Per questo temo che a parlarne così spesso corra il rischio di risultare stucchevole. Così fosse, voglio scusarmi coi miei affezionati lettori.

Ora però insisto e proseguo con questo mio breve pensiero. Rimango convinto che la qualità di un territorio sia strettamente legata alla cura che l’uomo gli manifesta.  Innanzitutto attraverso atti amministrativi e normative urbanistico-edilizie. Interpretano la parte del leone nella buona o nella cattiva gestione del cemento.

La superficie abitata in Trentino occupa uno scarno 1% del complessivo. Un restante 90% del territorio è occupato da boschi e da terreno selvaggio. Ai contadini dunque non resta che concentrarsi sul misero 10% residuale.

Vi sembra incredibile che sia così poco, vero?

ISPAT però dice così. Del coltivato, possiamo semplificare dicendo che un terzo è in mano all’ortofrutta e alla viticoltura e i restanti due terzi li sfalciano e li pascolano gli allevatori con le loro mandrie e le loro greggi. Questo è quanto. Ed anche ciò che i nostri operatori del settore turismo vendono agli occhi degli ospiti che vengono a trovarci.

Ora capite perché insisto a stimolare la giunta provinciale che metta a disposizione di chi alleva gli animali ogni forma di aiuto possibile?

E se la carenza di manodopera è un costante per moltissimi settori, reperire aiuto in zootecnia è un autentico incubo; specialmente per quanto riguarda la custodia e la guardiania del bestiame al pascolo. L’attività della pastorizia insomma, l’attività più antica del mondo, nata con l’uomo primordiale oggi si trova in stato comatoso.

E’ in risposta a questo stato di cose che alcune amministrazioni evolute hanno cercato di stimolare l’esercizio di questa attività. Il supporto della zootecnia rappresenta un intervento diretto a favore della cura della montagna. Come consiglieri di minoranza, con la Collega Paola Demagri abbiamo più volte provato a convincere la giunta provinciale ad imitare esempi che ci circondano. Si badi bene, considerando triste il termine imitare perché con l’Autonomia che ci ritroviamo a gestire potremmo essere una vera e propria guida ed un esempio per l’intero arco alpino. Cito tra tutti il progetto “Pasturs” (QUI IL LINK) nato nella bergamasca e diffuso poi ad altri luoghi delle Alpi. Tranne che da noi. Oppure, assistiamo ad un bellissimo esempio in Sudtirol dove per la Pastorizia è stata addirittura costruita una scuola. (QUI IL LINK)

Sono notizie che provocano stati d’animo contrastanti. Da un lato rallegra constatare che le speranze non sono morte e che c’è ancora la possibilità di pensare a una montagna coltivata, dall’altra il rammarico che un luogo come il civilissimo e autonomo Trentino rifiuti per caparbietà del suo governo di accettare consigli a procedere in tal senso.

Non sarà certo questo suo atteggiamento d’accidia politica a farci demordere. Lo stimolo proseguirà attraverso nostri opportuni atti politici all’uopo indirizzati