Gestione fauna selvatica PAT. Una mancanza che macchia la qualità ambientale e l’onore del Trentino.

Da Michele Dallapiccola

Da sempre percepivamo il Trentino come Provincia dove gestione e qualità ambientale sono un merito indiscusso a livello internazionale. Eppure per la Giunta provinciale, tra i tanti, quello degli animali selvatici feriti non è più un problema. Vien da chiedersi se la memoria popolare, quella alimentata dai media, conservi almeno un sopito ricordo anche delle molte altre azioni a detrimento di Fauna e Ambiente. Del resto sono fatti che da soli, fanno poca notizia. Nel loro insieme però tratteggiano una situazione drammatica. Ecco alcuni esempi. 

  • E’ stato abrogato il comitato faunistico.
  • E’ stata sospesa l’attività di recupero della fauna selvatica ferita al Casteller.
  • Preclusa pure la possibilità di attivare un piccolo centro alternativo di recupero di selvatici a Cavedago, basato tutto sul volontariato.
  • Chiuso il centro per il recupero dell’avifauna. 
  • E mettiamola pure sul mucchio ecco a voi due ulteriori malefatte d’”area”: si è provocata la morte di qualche milione di avannotti a causa dell’incapacità di gestire amministrativamente il problema del rilascio della trota fario. Riguardo alle protezioni da danni di grandi carnivori rispetto al 2018 si sono ridotti gli investimenti.

Insomma, le iniziative a spregio e a danno della fauna selvatica ferita, promosse da questa giunta provinciale non si contano più. E adesso pare che se un ungulato o qualsiasi altro animale ferito sono reperiti, sono abbandonati a se stessi (nella migliore delle ipotesi). 

Poi per contro, come massima forma di contraddizione, questa giunta populista proibisce di tenere i cani alla catena. Del resto è un argomento mediaticamente molto più appagante. Come al solito però il diavolo fa le pentole senza coperchi. Così, al grido di “cani liberi!” si finisce per creare un autentico rompicapo. Si dovrà trovare il modo di gestire i cani in modo che possano rimanere liberi. Parliamo di un essere vivente, che per quanto mite e domestico, è pur sempre un animale. Dunque è irresponsabile delle proprie azioni, preda del proprio istinto e dotato da madre natura di senso territoriale, appartenenza ad un branco e, qualora ve lo foste dimenticato, anche di quattro robusti denti canini. 

Rispetto alle difficoltà la tecnica della maggioranza è sempre quella di insabbiare. Non parlarne, non dire, non comunicare. Come è avvenuto con l’episodio dell’orso dagli arti spezzati in un recente incidente stradale, recentemente trasferito al Casteller. È vivo? E morto? È stato operato?

A noi preme saperlo. Esattamente come ci farebbe piacere capire cosa passi nella testa della giunta provinciale riguardo agli animali feriti, potenzialmente in pericolo di vita, tuttavia curabili.

Che indirizzo è dato alle forze dell’ordine ai corpi volontari dei vigili del fuoco, alla polizia locale e ai veterinari? E’ impensabile pretendere di risolvere tutto con una botta sulla testa o con l’abbandono nel bosco dell’animale ferito. Specie per una provincia che vuole caratterizzarsi ai massimi livelli per capacità di gestione e qualità ambientale.

Apprese queste notizie, nei panni dell’assessore al turismo sarei colto da sgomento. E a ragione! Chi ha in mano il dicastero all’ospitalità non può vendere fuffa. O non sapere nulla di questi fatti. Non a caso Fauna e Turismo erano in capo allo stesso assessore. In questa legislatura le politiche ambientali non sono state al centro del dibattito politico amministrativo. E nemmeno con la zootecnia, che cura la montagna abitata, mi sembra che le cose vadano tanto meglio. Abbiamo motivo di ritenere che i problemi denunciati qui sopra siano diretta conseguenza di come è gestito il servizio faunistico. Siamo proprio sicuri che certo tipi di clientela, appresi questi punti di demerito, verrebbe comunque a visitare il Trentino? E’ forse per questi motivi che la PAT ne sta cercano di diversa? Curare l’ospitalità del mordi e fuggi dei concertoni – a pensarci bene – potrebbe essere una strategia.