Dall’incontro con Massimiliano Valerii (Dir. Censis) qualche interessante suggestione anche in ambito sanitario. Dal livello nazionale a quello provinciale. 

Da Michele Dallapiccola

Come più comunemente avviene nel mondo, anche l’Italia sta vivendo un’epoca strana. Soprattutto in relazione al credo di alcuni nostri connazionali. Secondo il recente rapporto CENSIS, infatti, per circa tre milioni di italiani (il 5,9%) il Covid non esiste, e per altri 6 milioni (10,9%), il vaccino è inutile. 

Ma la spia che fa capire come ormai siamo votati allo sciamanesimo è che ancora oggi, nel secondo millennio, il 5,8% della popolazione italiana è convinto che la Terra sia piatta. 

Fine? No, per il 10% l’uomo non è mai sbarcato sulla Luna e per quasi 12 milioni di persone il 5G è uno strumento sofisticato per controllare le persone.

In questo quadro, e a maggior ragione, l’amministrazione della cosa pubblica trova la necessità di dover offrire risposte precise e convincenti. Ed è la loro assenza che più porta l’uomo ad affidarsi al soprannaturale. E che cosa sono le risposte se non l’effetto di una corretta amministrazione attraverso l’erogazione di servizi appropriati al livello di domanda?

Prendete un servizio pubblico col quale dobbiamo prima o poi confrontarci tutti: quello sanitario. Arrivo a dire che la sua qualità offre la misura della qualità di un’amministrazione in tutto il suo insieme. E mai come avvenuto recentemente abbiamo potuto toccare con mano cosa significhi confrontarsi con una sanità che funziona o meno. Senza contare che sulla base di questo stato di cose abbiamo giudicato e continuiamo a giudicare l’amministrazione pubblica che la guida. A tal scopo ci vengono in aiuto i numeri offerti dall’ultimo prestigioso Rapporto Censis. 

Cosa serve per avere una sanità migliore?

  • Per il 96,6% interlocutori precisi sul territorio (strutture, operatori, ecc.)
  • Per il 95,7% semplificare l’accesso alle cure
  • Per il 50,9% più medici
  • Per il 46,7% tecnologie e attrezzature diagnostiche per le cure più moderne
  • Per il 39,6% più posti letto negli ospedali
  • Per il 34,0% potenziare l’assistenza domiciliare digitale (teleconsulto, teleassistenza,

Accanto ai numeri una considerazione di prospettiva. 

In un progetto di gestione sanitaria che si rispetti, la figura del medico di medicina generale emerge come una figura di rinnovata centralità e di garante. In un’ottica futura il messaggio forte che il Rapporto evidenzia è la sfida che abbiamo di fronte dovuta agli scenari demografici. La popolazione anziana sarà sempre più consistente, con un maggior numero di persone non autosufficienti, con malattie croniche e che hanno bisogno di un monitoraggio costante. Per queste ragioni, dobbiamo immaginare una sanità diversa da quella del passato, la dobbiamo immaginare come un ecosistema di soggetti, di cui ognuno dà il suo contributo per le diverse responsabilità e con le diverse competenze. Il loro coordinamento, specie in una terra di montagna risulterà strategico.

Il quadro trentino

In questo quadro l’attuale percorso di riforma sanitaria provinciale offre prospettive a dir poco incomprensibili. La schizofrenia delle promesse da campagna elettorale ha lasciato il posto alla cruda realtà. Le noie del comparto, ad onor del vero assai diffuse anche sul profilo nazionale, hanno forse potuto staccare qualche acuto in più proprio a livello locale. Questo perché il confronto col passato è impietoso. E l’Autonomia sembra finita in soffitta.

Il ricorso ad ampi brani di privatizzazione sembra la strada maestra che questa giunta ha imboccato. Preoccupa, perché il Trentino non ci era  abituato. I nostri concittadini pagano per avere dei servizi e li pretendono. A piena ragione.

Fino a quanto riuscirà ad alzare l’asticella della sopportazione questo centrodestra locale?