Il mondo della comunicazione on-line ci permette di relazionarci in maniera virtuale nei modi, ma altrettanto vera nei contenuti.
Filippo Ceccarelli, ha lavorato per Repubblica ed è stato soprattutto un giornalista politico. Per oltre 40 anni. Ieri pomeriggio lo abbiamo incontrato alla presentazione del suo ultimo libro dal titolo “Lì dentro”.
Ci ha voluto raccontare come si sia sentito attratto dal mondo dei social soltanto al termine della sua carriera. pochi anni fa. Da goffo frequentatore come si è voluto definire, ha ben presto compreso che il mondo dei social, ad una prima osservazione, si presenta come greve, brutale, volgare quasi. Ma in fondo, a ben vedere, finisce per rappresentare in maniera limpida la nostra società. Anche quando gli eccessi (davvero tanti) debordano. Anche lì, osservando con attenzione si può scorgere chiaramente l’umanità nella sua espressione più vera e poi diretta.
Oggi la politica attinge a piene mani dai social.
Un tempo non era così. Perché un tempo i valori religiosi, la patria, l’etica imposta erano sopra tutto. Grazie a quei riferimenti quasi dogmatici le scelte della politica o più ampiamente anche della cultura avevano una guida certa e precisa.
Dagli anni ‘80, con Craxi prima e con Berlusconi poi, l’edonismo dilagante ha cancellato tutto. Il ceto politico, di lì a seguire, non possiede più nessun credo, nessuna ideologia ha più valore. Nella società del qui e subito il crudo realismo dei social è il grembo accogliente per ogni tentativo di carpire l’attenzione sotto qualsiasi forma. Lo strumento si presta, permette ai politicanti di sguazzarci dentro ed ampliare l’oggi, l’io.
Ed è qui che si genera un nuovo inaspettato problema. Sui social prolifera una concorrenza tremenda di argomenti interessanti, dell’umanità più varia, di fesserie e di grandissime amenità. E per apparire si devono pubblicare cose tremende e continue. Ecco perché è normale che le persone finiscano per chiedersi chi ci sta davvero governando? Chi si sta occupando seriamente della cosa pubblica?
La chiusura della presentazione non può andare alla responsabilità di ciascuno di noi. Se fossimo un po’ più attenti a chi possiamo votare forse le cose andrebbero meglio. Senza dimenticarsi di condannare l’astensionismo, ulteriore sintomo della gravità di questa situazione.
C’è speranza? Di riuscire a fuggire da questo tripudio di balletti, di cagnolini, di “buongiorno mondo!”, “buon caffè” o buon lunedì a tutti! Ceccarelli dice sì, io mica tanto.
Anche se scrivo riflessioni, ricerco pensieri e produco contenuti. Provo ad utilizzare i social per diffonderli ma vivo anch’io la concorrenza di tutto quello che ho scritto sopra. E’ così dura, che non mi rimarrà che provare a cercare risposta nella lettura di questo saggio.