L’amore verso gli animali. È una condizione così intima che si dice venga “dal sangue”. Poi c’è anche chi la strumentalizza.

Da Michele Dallapiccola

Che gli argomenti legati all’ambiente, alla natura e al rapporto col mondo animale non siano mai stati il cuore dell’agenda politica di questa maggioranza, è cosa nota.

Anzi. Ricordiamo tutti una lega nel suo passato di opposizione dove banchetta a base di carne di orso. O una maggioranza che tra i suoi primi atti amministrativi di legislatura parte con l’abolire il comitato faunistico o sospende gli incontri pubblici per la presentazione del rapporto Orso. E che fine ha fatto il “Progetto Turnat”: Il turismo incontra la natura? Che politiche, che iniziative di promozione del turismo naturalistico si stanno portando avanti? Sulla mobilità sui passi nulla di deciso. Sulla gestione sostenibile delle Olimpiadi: nebbia fitta. E nell’ambito della gestione rifiuti? E come commentare il paradosso di aprire le discariche nelle valli le cui APT stanno portando avanti un immagine verde e vicina all’ambiente?

Eppure si cercano comunque sacche di consenso spiccio toccando tasti di sensibilità sociale. Anche nel tentativo di carpire sostegno nel campo di argomenti già in mano ad altre forze politiche. Tant’è. Il perseguimento del populismo spinge ad osare. Trascina su campi del dibattito politico mai calcati prima. 

Una condizione che ci ha portato ad assistere ad un autentico derby nella maggioranza. Tra Lega e FdI fin dalla presentazione in commissione del disegno di legge che proibisce l’uso della catena abbiamo assistito a vero e proprio teatrino. Nella recita due membri di maggioranza erano trascesi in un malcelato battibecco. L’oggetto del contendere era il diritto di intestarsi la paternità del principio enunciato dalla norma. Incontestabile, giustissimo: come si fa a dire che non è una bella cosa? Ed è innegabile che il principio sia più che positivo. 

Ma se dopo il fremito di soddisfazione interiore dall’aver accarezzato il consenso populista, questa maggioranza viene posta di fronte alla cruda realtà, va in crisi e si spegne in un misterioso silenzio. 

Chi nella vita ha la fortuna di avere accanto la compagnia di un cane, da affetto o per lavoro, sa cosa voglio dire. Ci sono dei momenti dove è fondamentale avere la possibilità di contenere o custodire il proprio piccolo amico. Esattamente come quando si lascia a sé stesso un infante. Non può mai essere perso d’occhio e così è per il cane. Non possiede l’etica umana, ragiona e agisce secondo logiche sue che spesso ai più, a molti umani sono sconosciute. Può quindi capitare che per evitare spiacevoli inconvenienti sia necessario trovare i mezzi per poter gestire l’animale anche in assenza del proprietario. Altrimenti, fughe o morsi inaspettati vanno messe in conto. Riflettiamoci, quante persone vogliono bene al cane come ad un figlio eppure lasciano il cane chiuso per ore in appartamento?

Dunque dire no alla catena non vuol dire nulla se non si tiene conto delle necessità di gestione dei tempi in cui l’animale rimane solo. Affrontare invece il problema in maniera così superficiale fa semplicemente venire da ridere. Si cerca il consenso della parte bella del principio senza assumersi la responsabilità di spiegare come va gestito e calato nella realtà.

E le persone intelligenti, a questo punto, non cadono nel tranello del consenso cercato.