L’orgoglio del proprio passato? Una necessaria componente della dignità di ogni persona.

Da Michele Dallapiccola

Non c’è vestito che mascheri niente a nessuno. Indipendentemente dall’abito, uno, è com’è. Lo puoi vestire come vuoi, collocarlo in qualsiasi ruolo, ma il suo modo di comportarsi dipenderà dal suo animo, dalla sua esperienza di vita e dalla sua capacità di stare al mondo. Oggi dico questo a tutte le persone orgogliose del loro passato.

Prima di entrare nel merito del titolo c’è una questione che vi vorrei raccontare. Mi sono sempre chiesto come si sarebbe comportata la lega di opposizione quando avesse invece ricevuto compiti di governo e di responsabilità. E così è stato. Alcuni suoi rappresentanti – complice la nostra coalizione e il successo del Salvini nazionale – si sono improvvisamente ritrovati consiglieri di maggioranza. Un compito amministrativo senza portafoglio, dove la persona che lo interpreta assume ruolo di legislatore. Si tratta di svolgere un’attività essenzialmente intellettuale. E per meritarsi lo stipendio da consigliere, quello bisogna fare.

Intendiamoci la famosa vicinanza e l’essere tra la gente va sempre e comunque bene. Magari sarebbe meglio farlo dopo giornata, nei giorni di festa. Va meno bene durante l’orario di lavoro. Infatti, quando si aprono i social o l’archivio del consigliere di turno, si vedono sotto foto al mercato a tutte le ore, tagli di nastro d’inaugurazione o complimenti a chi ha fatto qualcosa.

A questo punto qualche domanda arriva spontanea.

La confermo anch’io con la mia testimonianza dall’interno del Consiglio. In questi quattro anni di governo gli interventi in aula, specialmente della componente leghista, si sono essenzialmente limitati ai complimenti alla giunta o al malcapitato imprenditore o sportivo di turno. (Della serie, non hai la grazia di combinare qualcosa di buono in santa pace che ti trovi il politico in casa!). In alternativa, si cimentano a criticare le opposizioni per il lavoro che sono chiamate a fare: azione di controllo, critica e proposta.  E vi garantisco che è capitato spessissimo anche a me. Criticato da assessore prima, da oppositore poi. Non mi stupisco. Il registro della lega, questo era e questo rimane. Una considerazione personale però ci tengo a puntualizzarla. 

Ho sempre cercato di interpretare con grande impegno il mio ruolo di consigliere di opposizione: studiando, scrivendo ed esprimendo critiche e proposte nelle sedi opportune. Ne è testimonianza il numero di atti politici depositati. Non vale meno anche questo blog dove da tre anni pubblico tutti i giorni un mio contenuto originale. Mi sono preso l’impegno di scrivere almeno una pagina di una cosa che so o che penso. Tutti i giorni. Molti di questi scritti si sono poi trasformati anche in atti politici. Perché i contenuti contano e costituiscono il sale del pensiero prima, e dell’azione politica, poi. Per questo in Consiglio – talvolta – perdo la pazienza.

Nei giorni scorsi, ad esempio, mi è capitato di dover apostrofare una proposta di un consigliere leghista. Chiedeva di far votare a tutti un impegno rivolto alla giunta provinciale. Il dispositivo prevedeva che la giunta continuasse a fare il proprio dovere. Ci mancherebbe? A 8mila euro al mese se sei un assessore serio non devono essere i consiglieri provinciali del tuo partito a doverti dire che ti devi impegnare per sostenere le categorie economiche in difficoltà. Quando l’ho voluto esprimere pubblicamente, me le sono pure sentite. E fin qui ci starebbe, ci son abituato. Stavolta però la reazione dell’impenitente leghista non si è fermata lì. L’acculturato consigliere, spinto dal desiderio di raccontare questo suo elaborato pensiero politico, ha pensato bene di canzonare il sottoscritto. Ha corredato di una fine relazione una mia vecchia foto presa dai social, pubblicandole.

Nell’immagine diffusa si vede bene che indosso il giaccone di pelle di pecora tipico dei pastori romeni. Ricordo nitidamente l’occasione. La persona che lo indossava mi disse che sarebbe stata onorata se un medico veterinario, allevatore e politico avesse voluto farsi la foto con lui, con quel giaccone. 

Chi mi conosce sa del mio passato di allevatore. La mia famiglia, come tutte quelle contadine porta grande rispetto per gli animali e ancor più dei propri aiutanti che di loro stesse. Non ci vergogniamo a farci fotografare coi vestiti da lavoro. Specialmente perché a differenza di Salvini e dei suoi seguaci locali quel lavoro lì, noi, lo abbiamo fatto davvero.

Le nostre non sono giacche di fine tessuto di fresco di lana o cravatte di seta ma sono vestiti sinceri. Anche perchè non esiste abbigliamento che mascheri niente e nessuno. Indipendentemente dall’abito, uno, è com’è. Lo si può vestire come si vuole o investirlo di qualsiasi ruolo, ma il suo modo di comportarsi dipenderà dal suo animo, dalla sua esperienza di vita e dalla sua capacità di stare al mondo.

Questo di oggi, è un pensiero che ho voluto raccontare a tutte le persone orgogliose del loro passato. A chi come me, in qualunque veste sia stato ritratto, mai lo rinnegherà ed anzi ne andrà fiero. 

Per me è così soprattutto perché nel filo conduttore dei tre lavori che (io) ho avuto l’onore di svolgere nella vita c’è sempre stato l’impegno nella professionalità e nella parola data.