2035, via i motori termici dalle nostre auto? Mossa politica o autentica necessità planetaria?

Da Michele Dallapiccola

Parlo spesso e volentieri di argomenti legati ad ambiente e società anche perché trovo necessario che anche la politica locale non si fossilizzi sempre e soltanto sulle stesse questioni. (Anche se continuare a parlare provoca un pressing proficuo su chi è deputato a risolverle.)

Individuare nuovi fronti di esercizio amministrativo, per una Provincia Autonoma non è soltanto una prerogativa ma soprattutto un dovere. Ed un Partito Autonomista che si rispetti oltre a seguire per filo e per segno uno suo articolato Statuto, ha il dovere di distinguersi anche per capacità di intercettare nuovi bisogni. La sostenibilità nella mobilità è uno di questi. Programmare uno sviluppo provinciale in grado di accogliere una mobilità elettrica sempre più all’avanguardia è una delle sfide più impellenti del nostro prossimo futuro. Attirerebbe turisti, migliorando l’economia e renderebbe migliore la vita dei suoi residenti. Intendiamoci, non siamo all’anno zero ma deve fare meglio. QUI IL LINK DI UNA PIATTAFORMA DIGITALE PER RICARICARE L’AUTO IN TRENTINO.

Nel frattempo, dai livelli amministrativi superiori, proprio in queste ore sta filtrando quella che per il settore è un’autentica break news. Pare che a livello europeo si sia trovato un accordo epocale: entro il 2035, stop alla produzione di motori termici. A QUESTO LINK, L’ARTICOLO IN MERITO DEL IL DOLOMITI

Giusto in questi giorni parlavamo proprio da queste pagine di cambiamento climatico. E della sua stretta connessione con l’emissione in atmosfera di gas climalteranti. Tra tutti la CO2.

Questo mese, l’editoriale di Quattroruote, prestigiosa rivista del settore, promuove una riflessione per nulla peregrina e assolutamente interessante da considerare. Parla dell’esempio della Norvegia. Tra i primi Stati europei ad aver aperto alcuni anni orsono, agli incentivi alle auto elettriche, oggi si trova con un parco auto mosso da elettroni tra i più vasti al mondo. Deve però fare i conti anche con una spaventosa voragine nelle casse dello Stato. Da un lato mancano tutte le accise sul carburante non consumato dall’altro è notevole il costo degli incentivi statali. L’aiuto all’acquisto di vetture elettriche negli anni ha via via pesato sempre di più sulle casse dello stato. Che ora deve correre ai ripari. Pare si tenterà una strada che ritocchi al rialzo l’iva dei suoi veicoli. 

Nel frattempo si fa strada il ragionamento di far gravare sul veicolo il peso della sua carbon footprint secondo un ragionamento di filiera. Mi spiego meglio. L’auto elettrica vince sempre se si calcola quanta anidride carbonica esce dal suo tubo di scarico (?). Ma se considerassimo anche quanta CO2 si emette a produrla? E quanta a produrre l’energia elettrica necessaria per alimentarla? 

L’auto elettrica, è davvero per tutti?

Tra gli ostacoli alla diffusione della mobilità green, va segnalato anche il problema sociale di non poco conto. Per una normale famiglia, l’acquisto dell’auto elettrica inoltre rimane ancora un esborso piuttosto oneroso. E non ha certo fatto bene al suo bilancio, il carovita del contingente  periodo bellico est europeo. 

La carenza di materie prime, la necessaria realizzazione di mega-fabbriche e la situazione socio economica complessa rendono il 2035 estremamente vicino. Al punto da considerarlo fin troppo vicino per numerosità e gravosità di variabili che dovrebbero condurci agli obblighi che la decisione comunitaria di apertura ci ha in qualche modo paventato. 

Affrontare ulteriori argomenti qui e ora è opera titanica ma in un superficiale cenno di pensiero alla questione, un paio di punti vanno presi in considerazione. 

La rete e la tecnologia di ricarica saranno fondamentali. Nuovi sistemi di ricarica come il wireless, o materiali rivoluzionari per l’accumulo di energia elettrica saranno decisivi. Non di meno tutti gli aspetti legati alla sostenibilità sociale ambientale ed economica del ciclo produttivo degli accumulatori. Le batterie.

Anche la tecnologia ad idrogeno, che pure ha fatto da pochi decenni la sua timida comparsa nel mondo dell’autotrazione, potrebbe riservare qualche sorpresa. Siamo ancora lontani dal poterla percepire come una vera svolta per la nostra mobilità. Nulla però va scartato. E per una Provincia Autonoma, mettere le mani più di quanto non si stia già facendo, nei vari passaggi di tutta questa filiera della mobilità green sarà a dir poco obbligatorio. Altro che concerti!