Riforma del Turismo. I danni collaterali di una modifica di legge che arriva nel periodo peggiore della sua storia.

Da Michele Dallapiccola

Un vecchio adagio trentino recita così: “el tess no l’ha mai pensà per el famà”. Chi è sazio non si è mai preoccupato di chi ha fame.

Si tratta di un proverbio che si addice molto bene ad alcuni effetti collaterali della riforma del turismo. A quanto pare, sono diversi gli ambiti di promozione turistica che hanno vissuto le fusioni come imposte dall’alto. Questo è avvenuto specialmente quando a dover subire l’eufemismo dell’armonizzazione, sono stati ambiti piccoli (affamati di presenze) condotti nelle spire di ambiti ampiamente già strutturati (i sazi). Del resto, è molto più facile ascoltare Campiglio, Val di Fassa e il Garda che tante altre località pur sempre trentine, pur sempre potenzialmente turistiche ma più piccole e dunque meno interessanti dal punto di vista del consenso.

Ne abbiamo già parlato anche recentemente, a proposito di due ambiti fusi per superiore imposizione. Comano e Pinè, pur per motivi, stato di operatività e prospettive future assai diverse, sono zone tra i cui operatori lo scoramento è più che palpabile.

Allo stato d’animo diffuso nei territori di questi due enti, si aggiunge quello di chi, da subito, aveva manifestato disagio. Le APT della Vallagarina e quella sospesa tra le Maddalene e la Rocchetta.

A questi territori oggi si affianca oggi il Consorzio di Promozione del Chiese dei cui dolori da ampio resoconto la carta stampata. Una valle la cui vocazione turistica non è tra le più antiche eppure ricca di interessanti peculiarità. Avrebbe bisogno di una cura certosina nella creazione del prodotto. Con un aiuto dall’alto – ci mancherebbe – ma soprattutto grazie all’attenzione focalizzata che solo enti locali di promozione di piccola dimensione possono dare. L’attività a misura di territorio, è più in grado di sollecitare e organizzare la disponibilità del volontariato. E molte delle nostre manifestazioni, di piena valenza turistica, sono costruite intorno all’esistenza e all’attività delle Proloco. Pensar di liquidare la soddisfazione del volontariato, con una mera assegnazione e di contributi non basta di certo. 

Così la confusione regna sovrana, i dipendenti lavorano malvolentieri e a farne le spese con loro sono i turisti nostri ospiti. A questa sussidiarietà al contrario, si è arrivati a causa di un disegno della giunta influenzato all’anarchia delle scelte. Dei quattro ambiti pensati sin dall’inizio, soprattutto su suggerimento di un’associazione di categoria, si è passati ad un assetto che più che variabile assai confuso. 

Sul turismo, la tempesta perfetta.

Come se non bastasse, il comparto trattore dell’economia trentina, boccheggia a causa di una tempesta perfetta che nessuno avrebbe mai neanche lontanamente potuto immaginare.

Post-pandemia, guerra, aumento dei costi delle materie prime, carenza di personale, crisi ambientale, solo per citare le preoccupazioni peggiori.

A queste, la politica provinciale ha pensato bene di aggiungerci l’aumento della tassa di soggiorno e una moltiplicazione di livelli di comando e organizzativi mai visti prima. Alla faccia della semplificazione ora, chi dovrebbe amministrare il Trentino turistico deve destreggiarsi tra ATA, Consorzi di Apt, nuovi CdA, Direttori vari. E se tutto questo non basta ancora questa riforma, applicata ora, nel periodo peggiore del turismo trentino, ha obbligato le aziende di promozione turistica locale a riorganizzarsi, in regole di funzionamento e assetto del personale. Una trovata caparbia, della quale il governo Provinciale pare, pure, andarne fiero. 

Io invece qualche “piccola” perplessità la percepisco tutta. E penso anche che il nostro compito sia dar voce a chi non se la sente di farlo in prima persona.