I lupi del Baldo.

Da Michele Dallapiccola

Non sono altro che i componenti di un branco tra la trentina di numero che attualmente popolano la nostra Provincia. 

Hanno già fatto scalpore questo scorso inverno in una serie di comparsate tra Loppio e Mori dove sulla locale Statale qualche esemplare ci ha pure rimesso le penne. Probabilmente sono gli stessi che ora si sono portati sul Baldo a predare gli animali monticati. Il risultato di questo stato di cose, al quale gli allevatori non si abitueranno mai, merita oggi menzione. 

La particolare conformazione della zona è caratterizzata da vaste aree vegetate da mughi. Questo stato di cose comporta che a seguito delle predazioni i pastori trovino enorme difficoltà a reperire le carcasse degli animali sbranati. Il bilancio finale è un elevatissimo numero di animali dispersi, specie tra gli ovini. 

Ieri siamo stati in visita alle pendici dell’Altissimo dove si lavora duro. Sette, otto recinti, tre cani maremmani, tre custodi non sono sufficienti ad evitare le numerose predazioni. Perché adesso il lupo si è fatto furbo e a questo punto gli attacchi, anche qui come altrove, avvengono durante le ore del giorno, sotto gli occhi dei conduttori. A quel punto, il Corpo Forestale si trova con le mani legate per quanto riguarda l’ultima magra consolazione. I rimborsi possono avvenire soltanto se si trovano i resti della carcassa predata. 

Verso il Piano Provinciale Gestione del Lupo

Questo sopra è solo uno dei numerosissimi casi dove risulterebbe estremamente utile un servizio suppletivo di guardiania coordinato dalla Provincia. Insieme alla realizzazione di una rete di ripari in quota per i pastori, e ad altri di natura più innovativa (collari con trasponder), potrebbero rappresentare quel plus, riconosciuto al Trentino e fondamentale per ottenere la qualifica di Provincia italiana che effettua la protezione nel migliore dei modi. Perché? A quel punto il Trentino invocando anche la sua specifica legge potrebbe diventare territorio pilota per la sperimentazione di un piano lupo da rimodellare in futuro anche su scala nazionale. Solo in questo modo, è pensabile che lo Stato possa permettere all’Autonomia di agire. Nel migliore dei modi, in tutti i sensi.  Fin quando non sarà così, tutti se ne laveranno la bocca e i veri martiri di questo progetto di conservazione naturalistica saranno solo ed esclusivamente gli allevatori.

Spiego ancora una volta questo passaggio, consapevole di risultare noioso. Perché anche recentemente un quotidiano online si divertiva a definirmi “orso-lupista”. Epiteto, ameno, che fa sorridere me e chi mi conosce bene. E’ il termine usato volgarmente dagli “arrabbiati del lupo”, (che sono comunque da capire) per definire gli animalisti ambientalisti e che la quella redazione online ha deciso di attribuirmi. Impropriamente. Non riconosco come miei, i concetti enunciati nel pezzo pubblicato qualche giorno fa. Non corrispondono alle questioni come le ho sempre spiegate e la loro traduzione su carta, ad opera di una pur apprezzabile “pasionaria del Lagorai”, autrice dello scritto, deriva da una loro libera interpretazione. Inoltre, da quel giornale nessuno ha mai né sentito, né contattato il sottoscritto. (e sono in Consiglio da 14 anni).

Io cerco di comportarmi da persona seria senza prendere in giro nessuno. Che le norme sul lupo non permettano di toccarlo nemmeno con un fiore, l’ho sempre detto. Che si debba spingere al massimo sulle attività di protezione, pure. Solo così, ripeto come sopra, potremo – forse – ottenere dallo Stato la gestione della presenza del lupo attraverso l’abbattimento di qualche capo tra i più dannosi. 

Ora lo hanno capito anche quelli che raccoglievano firme sotto ai gazebo e la facevano facile. E se il quotidiano on-line che ha parlato di me, volesse dedicare un pezzo anche a loro, potrebbe proprio titolarlo “I colpa-di-roma-isti”. 

Ma ai pastori non importa nulla di chi è la colpa. Loro chiedono aiuto e invocano soluzioni.

Quel che resta di un asino qui sopra e di una pecora qui sotto.