Le proposte del PATT a sostegno dell’ovinicoltura e della transumanza. Settori più vessati che dimenticati dalla politica provinciale.

Da Michele Dallapiccola

In quest’ultimo periodo si è parlato tanto di crisi della zootecnia. Il riferimento del comune sentire è stato tutto riservato al settore della bovinicoltura da latte. 

Ci sono però altre due specialità di allevamento, riferite ad un sub comparto del quale non si parla mai. La produzione della carne. 

L’esistenza di questo tipo di imprese anche in Trentino è ai più sconosciuta. Sia perché il consumatore medio è sempre meno affezionato a questo alimento sia perché per tradizione ed abitudine la carne di un certo tipo, quella ovina, è praticamente scomparsa dalla tavola dei trentini. 

L’altro motivo che rende questo settore particolarmente ristretto riguarda il fatto che produrre carne richiede tanta terra. Che sia per produrre foraggi che per pascolare. 

Allevati in ricovero, soprattutto per motivi tecnici, i bovini da carne sono rimasti legati al fondovalle dove la terra libera è poca. Di conseguenza, sono pochi anche gli allevamenti di questo tipo. La loro sopravvivenza si è legata ad un percorso di qualità. Certificato dal Marchio Qualità Trentino o dalla cura nella produzione o della lavorazione della carne. Ci sono poi delle vere e proprie mosche bianche che lavorano in filiera corta dal pascolo al lavorato. 

L’allevamento della pecora: perché?

Produrre carne ovina è un lavoro piuttosto singolare. Ha bisogno di tanta superficie e vasti prati dove procurarsi l’erba. Le greggi se la procurano coltivando le superfici d’alta quota o i terreni abbandonati di fondovalle. Il grande valore sociale della transumanza sta tutto nel fatto che le pecore in Trentino finiscono per coltivare terreni che nessuno voleva più: per altitudine o per scomodità. Mantenendo armonico il paesaggio, preservando dal rimboschimento. I capi allevati sono aumentati vertiginosamente in questi anni al punto che secondo ISPAT, lo scorso anno hanno superato in numero i capi bovini sfiorando cifra 50mila.

Comunque sia il metodo col quale viene prodotta, la quota di ovini da macellazione è venduta praticamente tutta agli amici mussulmani residenti in Italia. Con buona pace di dice che è meglio aiutarli a casa loro, non ci fossero gli immigrati, dalle nostre parti di pecore non se ne vedrebbero più. Chissà se è anche il motivo che all’atto pratico fa risultare questa categoria così antipatica al governo provinciale. Che del Carroccio e dei suoi slogan è diretta emanazione. 

I principali “danni” di questa maggioranza? Riduzione di valore della prossima PAC riservata ai transumanti, aumento del periodo di pascolamento obbligatorio per accedervi. Nessuna soluzione né per risolvere lì per ridurre il problema legato alla presenza dei grandi carnivori né nessun aiuto finanziario supplementare risotto ai canonici sostegni europei. 

Per questo motivo, nel prossimo assestamento di bilancio spingeremo questo governo Provinciale ad impegnarsi almeno un po’ a trovare un modo per offrire a questo comparto un sostegno economico e una migliore assistenza nella protezione dai grandi carnivori. Con grande rammarico abbiamo dovuto produrre un tomo di emendamenti ostruzionistici per obbligare la giunta ad ascoltarci. Sono azioni antipatiche ma fino ad ora tutte la altre forme di proposta fin qui effettuare erano cadute nel vuoto.

Allo stato attuale queste imprese operano silenziose ma non per questo lo fanno libere dai problemi – gravi – di questo momento economico.