Politiche migratorie, la nuova frontiera dell’Autonomia 2.0?

Da Michele Dallapiccola

Il prossimo 15 novembre, sulla Terra ci saranno 8 miliardi di persone. Ci avevate fatto caso?

Di certo la notizia A QUESTO LINK risulta piuttosto paradossale se la si confronta con l’indagine del Sole 24 Ore che tratta della crisi demografica in Italia. Entro i prossimi vent’anni il nostro Stato perderà quasi 7 milioni di lavoratori. QUI IL LINK DEL SERVIZIO

Di per sé la prima informazione risponde ad un fatto positivo. Nel mondo il miglioramento della qualità della vita, la lotta alle malattie e l’abbattimento della mortalità infantile permettono una crescita esponenziale della popolazione. Intanto, in negativo in Italia, denatalità ed età media in salita mettono a rischio anche la crescita sociale.

Al di là di questioni pur di non poco conto, quali la messa in crisi del sistema previdenziale, ciò che più importa è che si va incontro ad un serio rischio anche per lo sviluppo economico del paese. Servono interventi immediati sulle condizioni di lavoro, sulla precarietà, sui salari sugli orari. Ma soprattutto è necessario un cambio di passo nelle politiche migratorie. Tenendo conto che ciascuno di questi fattori in dimensione diversa, può trovare soluzione anche solo parziali a tutti i livelli. Da quello europeo, attraverso quello statale fino a quello provinciale. 

La sofferenza dal punto di vista dell’aumento demografico, trova luogo in parti del mondo relativamente lontane da noi. Dove per contro, è qui da noi che benessere e denatalità provocano ampi squarci di carenziali di popolazione disponibile ad affiancarsi al nostro tessuto sociale soprattutto lavorativo. In scienza e coscienza lo Stato può e deve affrontare quella dei flussi migratori come una delle più grandi emergenze del terzo millennio. Ne ha bisogno sul fronte interno, si trova obbligato a farlo nelle politiche di gestione degli stranieri in Italia. 

Ecco anche perchè uscite come quella dei leghisti trentini di queste ore, appaiono come un dozzinale slogan da basse macelleria elettorale. A QUESTO LINK DE IL IL DOLOMITI TROVATE LE LORO IMPROVVIDE DICHIARAZIONI.

Innanzitutto dimostrano che la percezione di questi amministratori si colloca fuori dalla realtà. In secondo luogo certificano che le politiche messe fin qui in campo, anche dalla Provincia autonoma di Trento sono assolutamente fuori scala, e in negativo, rispetto alla reale dimensione del problema.

Per carità, nessuno nega che cercare di stimolare l’incontro tra la domanda e l’offerta come sta cercando di fare la PAT non sia un fatto positivo. La dimensione del fabbisogno del sistema di lavoratori, rispetto alle azioni fin qui intraprese però, assomiglia un po’ al tentativo di svuotare il mare con cucchiaino.

E nulla c’entra con l’assistenzialismo o col confondere i fenomeni migratori o di gestione dei flussi con la delinquenza. Nè si può emarginare il dibattito relegandolo a solidarietà da salotto di sinistra o ad argomento di piazza da comizio di destra.  

Il male di questa nostra opulenta società moderna e cioè la denatalità obbligherà tutte le forze politiche ad uscire dal dibattito sterile. Sono ottimista, lo so, ma gli eventi indurranno via via ad affrontare questo problema in maniera sempre più seria di come sia stato fatto ad ora.  

Anzi per una Provincia autonoma dove turismo e agricoltura abbisognano di una così forte quota di apporto lavorativo dall’esterno, insieme al mantenimento della storia dei valori e della cultura locale, la gestione degli immigrati sarà uno dei nuovi argomenti che l’Autonomia 2.0 dovrà assolutamente far proprio.