TRENTODOC. È più utile una festa sulla porta di casa o un miglior sostegno al settore?

Da Michele Dallapiccola

Nei giorni scorsi a Tel Aviv si è tenuto il 72° Comitato Regionale OMS-UE. L’incontro ha partorito un oscuro documento che mira a ridurre il consumo mondiale di vino entro il 2025.

Propone il divieto di pubblicità e di marketing, l’aumento della tassazione e l’obbligo di health warning in etichetta.

Si tratta di uno schiaffo ad un comparto che cerca di migliorare se stesso, migliorando l’approccio al prodotto vino. Si beve sempre meno, piuttosto meglio e con la consapevolezza che il vino non è una bevanda.

E’ in questo solco che procede anche il mondo del vino trentino. Un comparto importante, che è responsabile nel suo complesso di poco meno della metà del miliardo di€ della PLV agricola provinciale. Qui dentro – forte – l’impronta delle bollicine di montagna. Quelle Trentine sono state tra le prime “metodo classico” al mondo a ricevere la DOC. Dal1993, il sistema spumantistico trentino è cresciuto sempre più.

Oggi sono 64 le cantine che sottoscrivono il disciplinare di produzione. Uve rigorosamente trentine da 74 comuni della Provincia. Grazie agli studi della prestigiosa FEM sono state individuate delle caratteristiche organolettiche che definiscono inequivocabilmente le bollicine di montagna.

Ben vengano dunque le iniziative che in questo frangente valorizzano nel massimo grado possibile questo prodotto. Nel suo insieme, per il Trentino, raggiunge il valore di 150 milioni€. Dovrà combattere con l’incombente normativa internazionale di cui sopra, fortunatamente tutta da definire.

Nel frattempo, non c’è ombra di dubbio che sia il brand Ferrari a costituire il vero elemento trainante del settore. Al punto che oggi, a livello nazionale ed internazionale ad emergere sempre più è proprio il Brand principale della famiglia Lunelli, rispetto a quello corporativo Trentodoc.

Uno sguardo al futuro.

Compito della politica sarà valorizzare il nesso tra i vari Trentodoc. Dal più piccolo (per dimensione e non certo per qualità) al più grande produttore. Dovrà consolidare nel consumatore la consapevolezza che la terra trentina (almeno quella ricompresa nella Doc) parla la stessa lingua.

Il rischio, altrimenti, sarà di veder sfilare il prodotto di testa dritto verso il traguardo staccando irrimediabilmente il gruppone dei 63 all’inseguimento.

Per questo vanno toccate le giuste corde di mercato e i potenziali consumatori. In quest’ottica probabilmente il festival del Trentodoc tenuto a Trento serve più al consenso politico degli amministratori che lo hanno voluto che al mercato stesso.

Curiosità produce il constatare che la conferenza stampa di presentazione sia stata irritualmente anticipata di ben 3 settimane.

Pur di ricadere in periodo elettorale?

In fondo sarà una bella festa, interessante per i produttori. Anche se probabilmente, le fiere rendono di più dove c’è il mercato. Muovendosi nel mondo, ad esempio. Con un significativo aiuto sulla copertura dei costi.

Per questo alla politica ci verrebbe da suggerire che forse è meglio spingere coi finanziamenti a quel Consorzio che i risultati, fino ad ora, ha saputo benissimo recuperarli in proprio.

In fondo i trentini lo sanno già che il Trentodoc è un prodotto valido. E questa “festicciola” corre il rischio di perseguire gli stessi principi che hanno provocato il concertone di Mattarello nello scorso maggio.

Tante ricadute? Forse, ma come forse era meglio spendere i soldi PUBBLICI in ben altra maniera.