Riforma del turismo o richiami al feudalesimo a colpi di conquiste di vassallati e valvassori?

Da Michele Dallapiccola

Non si gioca coi territori come pezzi su una scacchiera. Perché rispetto all’iniziale intento, questa riforma del turismo a due anni dal suo varo sta manifestando parecchi punti di confusione.

L’auspicata semplificazione ha lasciato il posto a territori che si mettono gli uni contro gli altri. Nella migliore delle ipotesi si ritrovano a dover prendere decisioni divisive al loro interno. 

Dall’iniziale proposta di riforma, figlia di un disegno suggerito dell’associazione di categoria al relativo assessore al turismo, sono scaturite ben più di una resistenza. Questo perché i territori non sono pedine su una scacchiera. Parliamo invece di persone, storie, legami d’affetto e di cultura. 

Così è successo a Pinè, dove la Lega ha raccontato che per il bene del sistema turismo locale sarebbe stato bello fare i pendolari avanti e indietro da Cavalese.

Ma la promessa più incredibile è stata quella della nuova strada da Montesover! L’opera milionaria, impossibile da finanziare (anche se c’è stato più di un credulone) a livello territoriale ha provocato un profondo senso di prostrazione. Solo recentemente Pinè ha finalmente capito e dunque invertito la rotta. Ora sta cercando di ricongiungersi con il suo naturale bacino. Quello dei “siori da Trent”. I padri di quello sterminato patrimonio immobiliare che ha connotato fin dagli anni sessanta e settanta il grazioso altipiano. 

Non regna minor confusione nella ridente Val di Cembra, la valle della viticoltura eroica. Inizialmente separata dalla Rotaliana nonostante presentassero entrambe lo stesso tipo di prodotto turistico. Anche lì, tutti a Cavalese!

Nel frattempo si è consumata la singolar tenzone anche tra la Val di Sole e la Val di Non. Il dato in conclusione segna un ineludibile 1 a 1: pari e patta. 

Ma ad avere qualcosa da ridire ci sono anche la Val di Ledro e la zona di Comano Terme. Armonizzate, secondo un eufemismo all’uopo coniato, portate insomma a farsi gestire da un – finanziariamente – opulento Alto Garda, forte di interessanti entrate da parte della sua tassa di soggiorno (aumentata proprio da chi né criticava addirittura l’impianto costitutivo). 

E adesso, anziché sistemare le lamentele che pure non mancano dal Lomaso a Comano, nelle terre recentemente “conquistate”, nei luoghi delle terme, dove l’agroalimentare la fa da padrone, l’assessore e il fedele presidente APT gardesano, tentano una nuova scalata territoriale. Provano a “soffiare” nuovo territorio ad un’APT che ha dato fastidio opponendosi all’armonizzazione con Trento. Vanno destreggiandosi tra Brentonico e la Val di Gresta. Ma davvero a due graziose valli interessa infrastrutturarsi a servizio della strabordante massa di turisti gardesani? O forse è più utile organizzarsi semplicemente collaborando in tutela del proprio quieto vivere? L’Apt che organizza c’è già e tra l’altro Rovereto è tutta disponibile a collaborare con le APT vicine.

Eh sì, perché la Vallagarina grazie al suo sano orgoglio locale ha mantenuto la sua identità. Non ne avevano tenuto conto, i riformatori. E così, la legge a tavolino è stata preconfigurata da chi, (raccontato in apertura di questo pezzo) il territorio più a sud del Trentino si è voluto defilare. Come biasimarli? Le forze di proposta turistica locale ci sono tutte! Si va dalla cultura all’agroalimentare, dallo sci alla proposta “Active” in outdoor con bici, trekking e tutto quello che si può praticare nelle meravigliose montagne e vallate che circondano la città della Quercia. 

Ora tocca alla Val di Gresta. E’ legittimamente messa di fronte a una scelta che andava lasciata tutta ai territori. Invece, ancora una volta la politica ne approfitta, si accompagna a suon di promesse milionarie. Magari di qualche nuovo collegamento funiviario? Ma le persone non sono tutte credulone e la legislatura sta pure per finire. 

Mi sa proprio che un’interrogazione in consiglio provinciale ci sta tutta.