Viva la sovranità alimentare. Basta che non riguardi noi?

Da Michele Dallapiccola

Con il governo Meloni il ministero delle Politiche agricole cambia nome e diventa ministero dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare e Forestale. A guidarlo è un esponente di Fratelli d’Italia molto vicino al premier, Francesco Lollobrigida. L’impronta alla narrazione di come verrà impostato il suo dicastero sembra già chiara. Parimenti, è curioso che fin da subito il Ministero spinga per presentare la ripresa del concetto di difesa del made in Italy. Respingendo le critiche di strizzare l’occhiolino all’autarchia. 

Cosa significa sovranità alimentare?

E’ un indirizzo politico-economico che declina il diritto dei popoli a definire le proprie politiche e strategie sostenibili di produzione, distribuzione e consumo di cibo, basandosi sulla piccola e media produzione. Secondo i suoi principi le nazioni devono poter definire una propria politica agricola e alimentare in base alle proprie necessità, rapportandosi alle organizzazioni degli agricoltori e dei consumatori

Ed in effetti il concetto di sovranità alimentare nasce più di 30 anni fa in un contesto di piccoli agricoltori in cerca del riconoscimento del valore e dell’identità delle loro produzioni minacciate dall’avvento delle multinazionali. Nel 1996, introducendo il concetto di sovranità alimentare nel corso del World Food Summit, l’associazione Via Campesina individua sette principi basilari: 1) il cibo come diritto umano fondamentale; 2) la riforma agraria; 3) la protezione delle risorse naturali; 4) la riorganizzazione del commercio alimentare; 5) la fine della globalizzazione della fame; 6) la pace sociale; 7) il controllo democratico. Insomma un movimento che realizza campagne per difendere il diritto dei contadini alle sementi, per fermare la violenza contro le donne, per la riforma agraria e in generale per il riconoscimento dei diritti dei contadini.

Ecco, il neo-Ministro del governo Meloni, riprende giusto questi due “concettucoli” li riadatta alla situazione della “povera” Italia e ad un’intervista televisiva di un paio di giorni fa li traduce letteralmente così

“L’Italia ha bisogno di difendere la propria cultura, i propri prodotti e in questo contesto la sovranità alimentare è contraria all’autarchia. C’è bisogno che la nostra nazione esporti all’estero e per farlo bisogna difendere la qualità”

Ma l’Italia è all’anno zero sulle denominazioni controllate?

Tutt’altro. Siamo invece tra i Paesi che già oggi ne proteggono di più. Sono infatti 315 i prodotti con marchi Dop (denominazione di origine protetta), Igp (indicazione geografica protetta), Stg (specialità tradizionale garantita). Tra loro, a vario titolo, spiccano eccellenze come il Parmigiano Reggiano, il Trentingrana, il prosciutto San Daniele, l’aceto tradizionale balsamico di Modena o la nostra Melinda. 

Con buona pace dei detrattori dell’Europa, sono proprio quei marchi invece a proteggere i nostri prodotti dalla contraffazione, oltre a garantire la provenienza geografica e a tutelarne il rispetto delle fasi di produzione. 

In particolare, i marchi Dop e Igp sono esenti da alcune normative comunitarie che riguardano sanità, igiene, produzione e conservazione dei prodotti: in pratica possono continuare ad essere lavorati come da tradizione.

Insomma questo momento di rilancio dell’agroalimentare italiano può starci tutto solo se lo si vuol considerare quale è: una grande operazione di marketing. Ecco porterà forse ad una maggiore indulgenza da parte dell’Europa che ci governa attraverso la Politica Agricola Comunitaria. Per cercare di raffreddare questi pruriti nazionalisti la PAC potrebbe aprire all’Italia qualche spiraglio in più. 

E fin qui tutto bene; qualche ettaro in più di seminativo autorizzato alla rimessa in produzione, male non fa. Su un settore dove siamo pesanti importatori, sarà utile ma non ci si aspetti nulla di più. E per fortuna!

La prospettiva vista dal punto di vista del Trentino.

Pensate infatti ai vini, alla spumantistica e alle mele. Quanto bisogno abbiamo di varcare i confini soprattutto del nostro Stato con questi prodotti? Ma se gli Stati importatori del nostro prodotto, del made in Italy e del nostro made in Trentino applicassero gli stessi principi ai loro prodotti in concorrenza ai nostri?

Ahi ahi, che disastro il governo delle produzioni fai da te senza la regia della tanto critica ma quanto mai utile, vecchia, cara Europa! Teniamocela cara, ora ne abbiamo un motivo in più: il controllo sulla sovranità alimentare. All’italiana.