Stipendi fermi da vent’anni e una vita sempre più cara. Che razza di futuro ci aspetta?

Da Michele Dallapiccola

Per cercare di capirlo ci vengono in aiuto delle recenti pubblicazioni OCSE.

Come noto ai più, si tratta dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, un organismo internazionale che attualmente conta ben 36 paesi membri e che ha il compito di cercare di confrontare problemi comuni per valutare identificazione di cause ed eventuali possibili soluzioni. Ha sede a Parigi. 

Il suo report dunque è estremamente autorevole. Certifica che ogni anno, un lavoratore italiano guadagna in media quindici mila euro in meno di un lavoratore tedesco e quasi diecimila euro in meno di uno francese. Rispetto agli americani poi siamo addirittura alla metà.

E così questi pochi soldi che ci arrivano in tasca sembrano proprio non bastare più.

Innanzitutto va considerato che il più recente dei problemi, quello relativo all’inflazione, non arriva da solo. In generale l’economia italiana è ferma al palo da vent’anni. Poca innovazione e poca propensione all’export. In questo senso il problema sul Trentino risulta soltanto mitigato dal forte traino del sistema sociale e del comparto del turismo. 

Anche da noi le cose non vanno affatto bene, complice un costo della vita generalmente più alto rispetto ad altre latitudini italiane.

Nel report OCSE della tabella qui sotto, il fatto più interessante da osservare è l’andamento della curva italiana che traccia l’andamento del PIL pro capite. In costante aumento dal ’70 al 2000 stagnante o addirittura in discesa dal 2000 ad oggi.

Andrea Garnero economista in OCSE sostiene che il rallentamento della crescita italiana è legato alla scarsa meritocrazia e all’inefficienza del settore pubblico. C’è poi un grave problema relativo alla valorizzazione dell’istruzione. I giovani under 30 hanno una retribuzione più bassa dei lavoratori over 50. 

Di questo treno in frenata che è l’economia italiana, il Trentino non è che un vagone. Agganciato a tutti gli altri vagoni delle regioni italiane procede alla stessa inevitabile velocità. Alla faccia dell’Autonomia, lo dicono i dati.

Nonostante questa destra locale e nazionale cerchino in continuazione di trovare un capro espiatorio. Va oggi di gran moda attribuire la responsabilità del basso salario al cosiddetto cuneo fiscale e cioè alla differenza tra quanto l’azienda spende per il dipendente e quanto questo riceva davvero in termini di stipendio. Un’analisi accurata ci racconta però che ci sono esempi come quello tedesco dove la retribuzione è molto più alta di quella italiana nonostante sia più alto anche il relativo cuneo fiscale. 

La vera differenza la potrebbero determinare politiche fiscali e del lavoro particolarmente stressanti le peculiarità dell’Autonomia trentina. Senza contare che nel campo della ricerca e dello sviluppo siamo finiti fanalini di coda tra le regioni europee. Dove grazie ai nostri istituti di ricerca locali avremmo potuto eccellere. Invece, uno di loro – tanto per dire – l’altro giorno dava luce agli esiti di un importante percorso di ricerca. Andava subito al nocciolo dell’essenza stessa della vita: la Felicità. Ha svelato che per averla basta mangiare crauti. QUI LA TROVATA.